L'articolo ricostruisce la complessa operazione di rimpatrio di profughi e prigionieri messa in campo dalla Pontificia commissione di assistenza profughi (poi Pontificia opera di assistenza) nell'Italia del secondo dopoguerra. Partendo dalla fondazione della commissione e dalla sua struttura organizzativa, il contributo mette a fuoco la fitta trama di iniziative e azioni che consentirono a profughi, reduci, sfollati, prigionieri di essere assistiti in campi appositamente allestiti a Roma e nel Lazio e di essere successivamente trasferiti ai propri domicili. Storie di donne e di uomini che si intrecciarono con quelle dell'infanzia, in un'Italia che tentava di riorganizzarsi nel tempo inquieto della ricostruzione post-bellica. Dallo studio emerge, nel clima di disorientamento e incertezza seguito alla caduta del fascismo e all'armistizio dell'8 settembre 1943, una miriade di attività assistenziali messe in campo dal Vaticano durante il pontificato di Pio XII (il "defensor civitatis"), la cui azione fu possibile grazie ai War Relief Services, agenzie create dai vescovi americani e gravitanti all’interno della National Catholic Welfare Conference. La storia italiana, pertanto, si intreccia con quella internazionale (prevalentemente vaticana e americana), aprendo uno squarcio inedito d'indagine storiografica su vicende e protagonisti ancora poco conosciuti, ma che furono centrali nell'azione di soccorso e assistenza alle popolazioni "in transito" fino a tutti gli anni Cinquanta. In questa prospettiva, l'attività della Pontificia negli anni della ricostruzione avrebbe assunto, una curvatura tale da consentirle di assestarsi, superata la fase emergenziale, nell’alveo delle iniziative di welfare con interventi che riguardarono i settori della carità, dell’educazione, dell’assistenza ai migranti, degli studi e delle ricerche in campo medico, del sostegno al mondo dei lavoro (mediante la costituzione delle Pie unioni, vere e proprie associazioni cattoliche di categoria), degli interventi in caso di calamità, delle misure volte alla promozione sociale in un tempo, come quello che va dal 1945 al 1970, che vide l’Europa e il mondo scontrarsi, sul piano delle affiliazioni politiche internazionali, nelle pieghe dell’assetto bipolare, all’interno delle cui dinamiche le vicende legate all’assistenza (con i risvolti che essa assicurava sul piano del consenso anche politico) non furono del tutto neutre, sebbene onestamente non si possano disconoscere le finalità umanitarie e solidaristiche a cui esse senza dubbio si ispirarono.

Lontani dal focolare domestico. La Pontificia Commissione di Assistenza Profughi nell’Italia del secondo dopoguerra

Donato Verrastro
2018-01-01

Abstract

L'articolo ricostruisce la complessa operazione di rimpatrio di profughi e prigionieri messa in campo dalla Pontificia commissione di assistenza profughi (poi Pontificia opera di assistenza) nell'Italia del secondo dopoguerra. Partendo dalla fondazione della commissione e dalla sua struttura organizzativa, il contributo mette a fuoco la fitta trama di iniziative e azioni che consentirono a profughi, reduci, sfollati, prigionieri di essere assistiti in campi appositamente allestiti a Roma e nel Lazio e di essere successivamente trasferiti ai propri domicili. Storie di donne e di uomini che si intrecciarono con quelle dell'infanzia, in un'Italia che tentava di riorganizzarsi nel tempo inquieto della ricostruzione post-bellica. Dallo studio emerge, nel clima di disorientamento e incertezza seguito alla caduta del fascismo e all'armistizio dell'8 settembre 1943, una miriade di attività assistenziali messe in campo dal Vaticano durante il pontificato di Pio XII (il "defensor civitatis"), la cui azione fu possibile grazie ai War Relief Services, agenzie create dai vescovi americani e gravitanti all’interno della National Catholic Welfare Conference. La storia italiana, pertanto, si intreccia con quella internazionale (prevalentemente vaticana e americana), aprendo uno squarcio inedito d'indagine storiografica su vicende e protagonisti ancora poco conosciuti, ma che furono centrali nell'azione di soccorso e assistenza alle popolazioni "in transito" fino a tutti gli anni Cinquanta. In questa prospettiva, l'attività della Pontificia negli anni della ricostruzione avrebbe assunto, una curvatura tale da consentirle di assestarsi, superata la fase emergenziale, nell’alveo delle iniziative di welfare con interventi che riguardarono i settori della carità, dell’educazione, dell’assistenza ai migranti, degli studi e delle ricerche in campo medico, del sostegno al mondo dei lavoro (mediante la costituzione delle Pie unioni, vere e proprie associazioni cattoliche di categoria), degli interventi in caso di calamità, delle misure volte alla promozione sociale in un tempo, come quello che va dal 1945 al 1970, che vide l’Europa e il mondo scontrarsi, sul piano delle affiliazioni politiche internazionali, nelle pieghe dell’assetto bipolare, all’interno delle cui dinamiche le vicende legate all’assistenza (con i risvolti che essa assicurava sul piano del consenso anche politico) non furono del tutto neutre, sebbene onestamente non si possano disconoscere le finalità umanitarie e solidaristiche a cui esse senza dubbio si ispirarono.
2018
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