Nell’approssimarsi alla conclusione conclusione del suo famoso saggio Illustratori, attori e traduttori (1907), Luigi Pirandello riafferma, anche nel caso della traduzione o meglio del passaggio da un codice all’altro, e dunque la trasposizione di un testo narrativo, ad esempio, in testo teatrale, o pur anche la stessa messa in scena di un testo scritto, la centralità della libertà del carattere, e dunque del personaggio, che sempre deve mostrare la sua autonomia dalle intenzioni dell’autore e l’urgenza delle sue azioni, ribadendo così l’originalità del suo stesso essere. Partendo da queste osservazioni, si affronta il caso della novella “L’altro figlio”, pubblicata in La lettura nel febbraio del 1905, e divenuta poi testo teatrale in un atto messo in scena nella riduzione in vernacolo toscano fattane da Ferdinando Paolieri il 23 novembre 1923 al Teatro Nazionale di Roma; quest’ultimo testo venne poi ripreso da Paolo e Vittorio Taviani e adattato per il grande schermo come uno dei quattro episodi di Kaos (1984). Poche ma importanti sono a questo proposito le variazioni apportate da Pirandello nella traduzione dalla novella del 1905 al testo teatrale del 1922-23, e tutte fondamentalmente gravitano sulla scelta del tempo dell’azione è ovviamente importante in questa messa in scena di svelamenti dolorosi o per meglio dire di “traduzioni” di un passato mai rimosso in un presente ancora segnato dal tormento, dal dolore e dall’impossibile eterno ritorno. Questo è il senso vero del testo pirandelliano che trova la sua messa in forma filmica nel lavoro dei Taviani, che, sapientemente, nella versione definitiva del film, spostano la novella del 1905, che doveva costituire il secondo episodio del racconto filmico, all’inizio, subito dopo il prologo. Questo spostamento segna uno slittamento del senso iniziale del progetto, e l’accoglimento forse del significato ultimo del racconto pirandelliano, nella sua doppia articolazione, però, narrativa e drammatica, che viene così ad assumere il ruolo di linea guida di tutta la narrazione cinematografica. Intendo qui, cioè, enfatizzare il fatto che la resa filmica de “L’altro figlio” trova solo in entrambe, la novella e la commedia, la propria fonte letterale, per così dire, e nell’opera pirandelliana tutta il suo senso ultimo. Il primo episodio del film non è infatti messa in forma filmica della novella per quanto riguarda l’azione, poiché invece trattiene del testo drammatico l’unità di tempo e di spazio.

“Del corpo e dell’anima: da Pirandello ai Taviani. Letteratura, teatro, cinema”

GIERI, Manuela
2007-01-01

Abstract

Nell’approssimarsi alla conclusione conclusione del suo famoso saggio Illustratori, attori e traduttori (1907), Luigi Pirandello riafferma, anche nel caso della traduzione o meglio del passaggio da un codice all’altro, e dunque la trasposizione di un testo narrativo, ad esempio, in testo teatrale, o pur anche la stessa messa in scena di un testo scritto, la centralità della libertà del carattere, e dunque del personaggio, che sempre deve mostrare la sua autonomia dalle intenzioni dell’autore e l’urgenza delle sue azioni, ribadendo così l’originalità del suo stesso essere. Partendo da queste osservazioni, si affronta il caso della novella “L’altro figlio”, pubblicata in La lettura nel febbraio del 1905, e divenuta poi testo teatrale in un atto messo in scena nella riduzione in vernacolo toscano fattane da Ferdinando Paolieri il 23 novembre 1923 al Teatro Nazionale di Roma; quest’ultimo testo venne poi ripreso da Paolo e Vittorio Taviani e adattato per il grande schermo come uno dei quattro episodi di Kaos (1984). Poche ma importanti sono a questo proposito le variazioni apportate da Pirandello nella traduzione dalla novella del 1905 al testo teatrale del 1922-23, e tutte fondamentalmente gravitano sulla scelta del tempo dell’azione è ovviamente importante in questa messa in scena di svelamenti dolorosi o per meglio dire di “traduzioni” di un passato mai rimosso in un presente ancora segnato dal tormento, dal dolore e dall’impossibile eterno ritorno. Questo è il senso vero del testo pirandelliano che trova la sua messa in forma filmica nel lavoro dei Taviani, che, sapientemente, nella versione definitiva del film, spostano la novella del 1905, che doveva costituire il secondo episodio del racconto filmico, all’inizio, subito dopo il prologo. Questo spostamento segna uno slittamento del senso iniziale del progetto, e l’accoglimento forse del significato ultimo del racconto pirandelliano, nella sua doppia articolazione, però, narrativa e drammatica, che viene così ad assumere il ruolo di linea guida di tutta la narrazione cinematografica. Intendo qui, cioè, enfatizzare il fatto che la resa filmica de “L’altro figlio” trova solo in entrambe, la novella e la commedia, la propria fonte letterale, per così dire, e nell’opera pirandelliana tutta il suo senso ultimo. Il primo episodio del film non è infatti messa in forma filmica della novella per quanto riguarda l’azione, poiché invece trattiene del testo drammatico l’unità di tempo e di spazio.
2007
8861560016
9788861560017
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