In Her. 12, 121-126 Medea depreca che Argo non sia naufragata, punendo così l’equipaggio e lei stessa del fratricidio; un parallelo a questo threnos si trova, in forma però di previsione, in Met. 7, 62-68. In Orph. Arg. 1159-1170 Argo, comprendendo di essersi persa, lo annuncia spontaneamente alla compagnia, con parole simili a quelle di Medea “eroide”, adducendo la stessa causa per l’ira degli Dèi. Esorta dunque i Principi ad espiare il gravissimo nefas recandosi da Circe, che praticherà i riti appropriati per la purificazione. Ciò ha riscontro anche in Apoll. Arg. 4, 580 ss., dove la nave parla tramite la chiglia che, prima, era quercia sacra di Dodona: ciò spiega perché essa disponga di facoltà profetiche non inusitate per la “divina” Medea, e farsi puntualmente “angelo” degli Dèi, recando messaggi di ordine o materiale o, appunto, spirituale: l’avvertimento è lo stesso, e lo stesso il consiglio salutare, di cerca Circe, la “sacerdotessa” di Hecate, per la purificazione. L’affinità tra i testi è chiara, e chiara è anche la specificità della convergenza intertestuale tra Her. 121 ed A. O. 1159, annoverabile tra gli elementi atti a provare la persistenza nel poemetto di un mito extra-apolloniano, noto ad Ovidio, a Seneca, e ad altri Latini, che potrebbe aiutare a sciogliere certi nodi esegetici della 12ª Herois, confermandone, anche grazie agli spiccati caratteri orfici, la coerenza antropologica e letteraria al logos argonautico di Ovidio.

Medea smemorata e l’annuncio di Argo, ovvero delitto e castigo nel nÒstoj argonautico

Lucifora, Rosa Maria Agostina
2015-01-01

Abstract

In Her. 12, 121-126 Medea depreca che Argo non sia naufragata, punendo così l’equipaggio e lei stessa del fratricidio; un parallelo a questo threnos si trova, in forma però di previsione, in Met. 7, 62-68. In Orph. Arg. 1159-1170 Argo, comprendendo di essersi persa, lo annuncia spontaneamente alla compagnia, con parole simili a quelle di Medea “eroide”, adducendo la stessa causa per l’ira degli Dèi. Esorta dunque i Principi ad espiare il gravissimo nefas recandosi da Circe, che praticherà i riti appropriati per la purificazione. Ciò ha riscontro anche in Apoll. Arg. 4, 580 ss., dove la nave parla tramite la chiglia che, prima, era quercia sacra di Dodona: ciò spiega perché essa disponga di facoltà profetiche non inusitate per la “divina” Medea, e farsi puntualmente “angelo” degli Dèi, recando messaggi di ordine o materiale o, appunto, spirituale: l’avvertimento è lo stesso, e lo stesso il consiglio salutare, di cerca Circe, la “sacerdotessa” di Hecate, per la purificazione. L’affinità tra i testi è chiara, e chiara è anche la specificità della convergenza intertestuale tra Her. 121 ed A. O. 1159, annoverabile tra gli elementi atti a provare la persistenza nel poemetto di un mito extra-apolloniano, noto ad Ovidio, a Seneca, e ad altri Latini, che potrebbe aiutare a sciogliere certi nodi esegetici della 12ª Herois, confermandone, anche grazie agli spiccati caratteri orfici, la coerenza antropologica e letteraria al logos argonautico di Ovidio.
2015
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