«Quest’è la luce de la gran Costanza / che del secondo vento di Soave / generò ‘l terzo e l’ultima possanza». Sono i versi con cui Dante, nel III canto del Paradiso (vv. 118-120), presenta Costanza d’Altavilla. Ci troviamo nell’ultimo cielo, quello della Luna, dove si trovano gli “spiriti difettivi”, che hanno il grado più basso di beatitudine, perché i loro voti furono non adempiuti o trascurati in parte. A parlare è Piccarda Donati, la quale indica un’anima splendente alla sua destra, che ha vissuto la sua stessa esperienza: anch’ella fu suora e le fu tolto forzatamente il velo, pur se in seguito rimase in cuore fedele alla regola monastica. È l’imperatrice Costanza d’Altavilla, che dall’imperatore Enrico VI (secondo vento di Soave) generò Federico II di Svevia (‘l terzo e l’ultima possanza). Costanza, figlia del normanno Ruggero II d’Altavilla, il primo re di Sicilia, nacque nel 1154, poco dopo la morte del padre. Trascorse l’infanzia a Palermo e, prima di sposare l’imperatore Enrico VI, rimase molto a lungo nubile, fino a 32 anni, un’età, per l’epoca, davvero avanzata. Generò, poi, il suo unico figlio, il futuro imperatore Federico II, quando era già quarantenne, anche se alcune fonti le accrebbero gli anni fino a 55 e oltre. È possibile che proprio da queste radici sia maturata la voce della monacazione di Costanza, resa immortale dai versi danteschi, dai suoi commentatori più antichi, da Boccaccio, dal cronista Giovanni Villani. Soprattutto quando cominciarono i contrasti più accesi tra Federico II e il fronte composto da papato e Comuni, si andò poi diffondendo sempre più anche la voce che Costanza avesse simulato il parto, perché era troppo anziana per avere un figlio. Fu per contrastare tale diceria che se ne inventò un’altra, ancora più fantasiosa, cioè che il parto era avvenuto sulla pubblica piazza, sotto una tenda, perché tutta una comunità potesse essere chiamata a testimoniare l’effettualità dell’evento. Ecco, tra letteratura, storia e mito, questa è la vicenda di Costanza d’Altavilla, una monaca imperatrice che generò in tarda età un figlio destinato a mutare la storia del mondo. Una donna destinata a vivere di luce riflessa: quella di Dio, nel paradisiaco cielo della Luna, e quella del figlio, il grande Federico II di Svevia, che protesse fino alla fine, come solo una madre può fare.

La luce de la gran Costanza: letteratura, storia e mito tra Pietro da Eboli, Dante e Boccaccio

Fulvio Delle Donne
2020-01-01

Abstract

«Quest’è la luce de la gran Costanza / che del secondo vento di Soave / generò ‘l terzo e l’ultima possanza». Sono i versi con cui Dante, nel III canto del Paradiso (vv. 118-120), presenta Costanza d’Altavilla. Ci troviamo nell’ultimo cielo, quello della Luna, dove si trovano gli “spiriti difettivi”, che hanno il grado più basso di beatitudine, perché i loro voti furono non adempiuti o trascurati in parte. A parlare è Piccarda Donati, la quale indica un’anima splendente alla sua destra, che ha vissuto la sua stessa esperienza: anch’ella fu suora e le fu tolto forzatamente il velo, pur se in seguito rimase in cuore fedele alla regola monastica. È l’imperatrice Costanza d’Altavilla, che dall’imperatore Enrico VI (secondo vento di Soave) generò Federico II di Svevia (‘l terzo e l’ultima possanza). Costanza, figlia del normanno Ruggero II d’Altavilla, il primo re di Sicilia, nacque nel 1154, poco dopo la morte del padre. Trascorse l’infanzia a Palermo e, prima di sposare l’imperatore Enrico VI, rimase molto a lungo nubile, fino a 32 anni, un’età, per l’epoca, davvero avanzata. Generò, poi, il suo unico figlio, il futuro imperatore Federico II, quando era già quarantenne, anche se alcune fonti le accrebbero gli anni fino a 55 e oltre. È possibile che proprio da queste radici sia maturata la voce della monacazione di Costanza, resa immortale dai versi danteschi, dai suoi commentatori più antichi, da Boccaccio, dal cronista Giovanni Villani. Soprattutto quando cominciarono i contrasti più accesi tra Federico II e il fronte composto da papato e Comuni, si andò poi diffondendo sempre più anche la voce che Costanza avesse simulato il parto, perché era troppo anziana per avere un figlio. Fu per contrastare tale diceria che se ne inventò un’altra, ancora più fantasiosa, cioè che il parto era avvenuto sulla pubblica piazza, sotto una tenda, perché tutta una comunità potesse essere chiamata a testimoniare l’effettualità dell’evento. Ecco, tra letteratura, storia e mito, questa è la vicenda di Costanza d’Altavilla, una monaca imperatrice che generò in tarda età un figlio destinato a mutare la storia del mondo. Una donna destinata a vivere di luce riflessa: quella di Dio, nel paradisiaco cielo della Luna, e quella del figlio, il grande Federico II di Svevia, che protesse fino alla fine, come solo una madre può fare.
2020
978-88-6572-221-3
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