Se l’arte visiva contemporanea è diventata scultura sociale, come diceva Beyus, nel senso che ingloba un messaggio etico, insinua una relazione critica con la realtà, aiuta a orientare lo sguardo e a dire poeticamente più di quanto la stessa realtà urbana, come dispositivo autoenunciante (Latour), non riesca a comunicare agli abitanti, allora il parco della Palomba è un’opera capace di amplificare e sintetizzare il sistema valoriale di Matera, di dire meglio che tante parole della sua natura geologica e paesaggistica e di riuscire a darci una spiegazione del suo emblematico rapporto con la storia. Un’ idea di patrimonio plastica e leggera, che attraversa la nostra quotidianità, si sottopone a continue ibridazioni di significato mostrando paradossi e conflitti. Una visione patrimoniale che non parla al passato ma entra nel flusso delle trasformazioni per ricollocare Matera criticamente nella contemporaneità senza ipostatizzare nelle memorie il suo futuro. Due sono le chiavi di lettura che abbiamo adottato per interpretare un luogo emblematico, pluristratificato di significati collocato nella periurbanità materana, una ex cava trasformata in museo di sculture all’aperto: (i) la prima è quella del rapporto tra arte, trasformazione sociale e sfera pubblica, (i) la seconda attiene alla mise en paysage, ovvero alla capacità di costruire un’azione paesaggistica edificando e non solo raccontando il senso di un luogo. Il sito del Parco delle sculture della Palomba rappresenta una sintesi particolarmente evocativa delle relazioni di complessità che caratterizzano il paesaggio materano, in cui il portato naturalistico e geologico della gravina e le stratificazioni paleo-antropologiche degli insediamenti rupestri vengono rinnovati dall’approccio artistico e paesaggista della sua trasformazione in museo all’aperto misurando la capacità di un progetto contemporaneo di stabilire nessi fra luoghi e tempi differenti. Compito del nostro lavoro è quello di individuare il modo in cui il progetto urbanistico ha la capacità di incidere nella trasformazione sociale quando opera dentro una chiave paesaggistica, del messaggio che riesce a passare nella messa in scena di una trasformazione di uno spazio abbandonato a ridosso di una lacerazione orografica lungo la quale una città ha costruito un singolare rapporto con la natura, per farsi una geografia seconda o una poesia insaputa, direbbe De Certeau, che forse l’arte riesce meglio a comunicare.

Il parco della Palomba a Matera tra arte urbana e mise en paysage

MININNI, MARIAVALERIA;
2013-01-01

Abstract

Se l’arte visiva contemporanea è diventata scultura sociale, come diceva Beyus, nel senso che ingloba un messaggio etico, insinua una relazione critica con la realtà, aiuta a orientare lo sguardo e a dire poeticamente più di quanto la stessa realtà urbana, come dispositivo autoenunciante (Latour), non riesca a comunicare agli abitanti, allora il parco della Palomba è un’opera capace di amplificare e sintetizzare il sistema valoriale di Matera, di dire meglio che tante parole della sua natura geologica e paesaggistica e di riuscire a darci una spiegazione del suo emblematico rapporto con la storia. Un’ idea di patrimonio plastica e leggera, che attraversa la nostra quotidianità, si sottopone a continue ibridazioni di significato mostrando paradossi e conflitti. Una visione patrimoniale che non parla al passato ma entra nel flusso delle trasformazioni per ricollocare Matera criticamente nella contemporaneità senza ipostatizzare nelle memorie il suo futuro. Due sono le chiavi di lettura che abbiamo adottato per interpretare un luogo emblematico, pluristratificato di significati collocato nella periurbanità materana, una ex cava trasformata in museo di sculture all’aperto: (i) la prima è quella del rapporto tra arte, trasformazione sociale e sfera pubblica, (i) la seconda attiene alla mise en paysage, ovvero alla capacità di costruire un’azione paesaggistica edificando e non solo raccontando il senso di un luogo. Il sito del Parco delle sculture della Palomba rappresenta una sintesi particolarmente evocativa delle relazioni di complessità che caratterizzano il paesaggio materano, in cui il portato naturalistico e geologico della gravina e le stratificazioni paleo-antropologiche degli insediamenti rupestri vengono rinnovati dall’approccio artistico e paesaggista della sua trasformazione in museo all’aperto misurando la capacità di un progetto contemporaneo di stabilire nessi fra luoghi e tempi differenti. Compito del nostro lavoro è quello di individuare il modo in cui il progetto urbanistico ha la capacità di incidere nella trasformazione sociale quando opera dentro una chiave paesaggistica, del messaggio che riesce a passare nella messa in scena di una trasformazione di uno spazio abbandonato a ridosso di una lacerazione orografica lungo la quale una città ha costruito un singolare rapporto con la natura, per farsi una geografia seconda o una poesia insaputa, direbbe De Certeau, che forse l’arte riesce meglio a comunicare.
2013
9788895623924
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