L’Italia, con la sua lunga e complessa storia di coltivazione, lavorazione e commercio del tabacco, rappresenta un caso emble- matico per studiare non solo un comparto agricolo e industriale, ma anche la trasformazione culturale e sociale di intere regioni, il rap- porto tra innovazione e tradizione, e la riconversione di un patrimo- nio produttivo ormai in gran parte dismesso. Dalle origini nel XVI secolo fino ai giorni nostri, il sistema tabacchicolo ha attraversato molteplici fasi di sviluppo, crisi e rilancio, intrecciandosi profonda- mente con l’identità territoriale, l’economia locale e le dinamiche di modernizzazione del Paese. L’introduzione del tabacco in Italia, e in particolare in regioni come l’Umbria, è databile al XVI secolo, quando si diffuse grazie a scambi culturali e commerciali con altri paesi europei. I primi usi erano prevalentemente elitari e legati a modalità di consumo come il fiuto e il mastico, che gradualmente cedettero il passo al fumo di sigari e sigarette, simboli di uno status sociale distinto. In Umbria, la coltivazione trovò un terreno fertile, non solo per le condizioni ambientali ma anche per la peculiare situazione politica di microstati come la Repubblica di Cospaia, che fino al XIX secolo garantì con- dizioni favorevoli di esenzione fiscale e monopolio privato, creando un porto franco e un sistema di contrabbando regolamentato che favorì la diffusione del tabacco spadone. Questa storia territoriale unica contribuì a radicare il tabacco nell’economia locale e nella cul- tura produttiva, influenzando anche le modalità di lavorazione, con un ruolo significativo svolto dalla mezzadria e dalla manodopera femminile, impegnata nelle fasi agricola e premanifattura. Parallelamente, sul piano nazionale, il settore tabacchicolo fu oggetto di politiche statali di controllo e regolamentazione, culmi- nate nell’instaurazione di un monopolio pubblico alla fine dell’Ot- tocento, che gestiva un’intera filiera produttiva dall’agricoltura alla distribuzione. L’istituzione delle Concessioni Speciali nel 1901 rap- presentò un passaggio cruciale, permettendo di integrare produt- tori privati con il sistema monopolistico, in un equilibrio complesso tra interesse pubblico e iniziativa privata. Questo assetto durò fino agli anni Sessanta, sostenuto da politiche protezionistiche e autar- chiche che miravano all’autosufficienza nazionale e al pieno svi- luppo di un settore strategico. Nel contempo, le manifatture e i magazzini di lavorazione pre- manifatturiera si svilupparono come importanti presidi industriali e architettonici, soprattutto nelle regioni più vocate come la Puglia e la Campania. Qui si concentrarono progetti innovativi, come quelli dell’ingegnere e architetto Pier Luigi Nervi, che portò un contri- buto fondamentale all’architettura industriale con l’impiego pionie- ristico del cemento armato e della prefabbricazione. Opere come il Magazzino Concentramento Tabacchi Greggi a Lecce sono oggi testimonianza tangibile di come la funzionalità tecnica potesse in- contrare una raffinata ricerca estetica, segnando un’epoca di indu- strializzazione efficiente e moderna, ma profondamente radicata nelle specificità territoriali. L’industrializzazione del settore, tuttavia, non fu priva di contrad- dizioni e difficoltà. La devastazione causata dalla Seconda guerra mondiale lasciò molte strutture in rovina, mentre la ripresa del dopo- guerra si tradusse in un boom produttivo che durò fino agli anni Ses- santa. In questo periodo, il tabacco divenne un bene di consumo di massa, e le tecniche agricole si modernizzarono con l’introduzione di varietà più leggere e richieste dal mercato, come il Bright, che so- stituì progressivamente il Kentucky in Umbria e altrove. L’industria, d’altro canto, si fece carico di importanti investimenti in infrastrut- ture, tecnologie di essiccazione e processi di selezione, fermenta- zione e stagionatura, elementi chiave per mantenere la qualità e la competitività dei prodotti italiani. A testimonianza di questo intreccio tra industria e territorio, il complesso degli ex Seccatoi di Città di Castello rappresenta un caso esemplare di patrimonio industriale riconvertito in spazio cul- turale. Progettati negli anni Cinquanta con tecniche innovative di prefabbricazione, gli edifici furono destinati all’essiccazione del ta- bacco subtropicale, ma con la crisi del settore furono dismessi e poi trasformati, grazie all’artista Alberto Burri, in un atelier e spa- zio espositivo che oggi è punto di riferimento per l’arte contempo- ranea. Questa riconversione sottolinea come l’eredità industriale possa diventare risorsa culturale, attraverso una nuova lettura che valorizza la materialità, la forma e la storia degli spazi produttivi, e che intreccia memoria, innovazione e arte. Nonostante il successo di alcune realtà e la tenace persistenza di coltivazioni tradizionali, il settore tabacchicolo italiano ha dovuto affrontare da decenni una crisi strutturale. La concorrenza globale, l’emergere delle multinazionali, la riduzione dei consumi e le nor- mative restrittive hanno inciso profondamente, determinando la chiusura di molte manifatture, la perdita di posti di lavoro e la pro- gressiva sparizione di un modello produttivo che per decenni aveva rappresentato un motore economico e sociale per numerose aree. Il passaggio dalla gestione pubblica al modello privatistico, con la nascita dell’Ente Tabacchi Italiani e la successiva acquisizione da parte della British American Tobacco, ha accelerato questo pro- cesso, segnando la fine di un’epoca e ponendo nuove sfide in ter- mini di tutela e valorizzazione del patrimonio industriale. L’eredità di questo sistema, dunque, si presenta oggi come una risorsa da conoscere e proteggere, ma anche come un’op- portunità per ripensare i territori e le comunità coinvolte, attra- verso interventi di riuso innovativi e sensibili alle specificità sto- riche e architettoniche. Le manifatture, i magazzini e i complessi produttivi non sono soltanto testimonianze di un passato indu- striale, ma luoghi carichi di memoria e potenzialità, capaci di ge- nerare nuovi modelli di sviluppo culturale, economico e sociale. In questo senso, la tutela e il recupero del patrimonio tabacchi- colo italiano rappresentano una sfida fondamentale per la cultura della conservazione, ma anche per l’innovazione sostenibile e la valorizzazione del capitale umano e materiale. In conclusione, la storia del tabacco in Italia racconta un per- corso ricco e articolato, che intreccia agricoltura, industria, arte e politica. Dal microstato di Cospaia all’industrializzazione pu- gliese, dall’innovazione architettonica di Nervi agli spazi culturali di Burri, emerge un racconto di trasformazione continua, capace di riflettere la complessità della modernità italiana e la sua capa- cità di rinnovarsi. La sfida oggi è quella di mantenere viva que- sta memoria, di promuovere un dialogo tra passato e futuro e di trovare nuove forme di valorizzazione che rispettino e rilancino l’identità di un settore che ha segnato profondamente il territorio e la società italiana.
LA MANIFATTURA, LE FABBRICHE E L’INDUSTRIA DEL TABACCO IN ITALIA
Antonella Guida;Antonio Monte;Antonello Pagliuca
2025-01-01
Abstract
L’Italia, con la sua lunga e complessa storia di coltivazione, lavorazione e commercio del tabacco, rappresenta un caso emble- matico per studiare non solo un comparto agricolo e industriale, ma anche la trasformazione culturale e sociale di intere regioni, il rap- porto tra innovazione e tradizione, e la riconversione di un patrimo- nio produttivo ormai in gran parte dismesso. Dalle origini nel XVI secolo fino ai giorni nostri, il sistema tabacchicolo ha attraversato molteplici fasi di sviluppo, crisi e rilancio, intrecciandosi profonda- mente con l’identità territoriale, l’economia locale e le dinamiche di modernizzazione del Paese. L’introduzione del tabacco in Italia, e in particolare in regioni come l’Umbria, è databile al XVI secolo, quando si diffuse grazie a scambi culturali e commerciali con altri paesi europei. I primi usi erano prevalentemente elitari e legati a modalità di consumo come il fiuto e il mastico, che gradualmente cedettero il passo al fumo di sigari e sigarette, simboli di uno status sociale distinto. In Umbria, la coltivazione trovò un terreno fertile, non solo per le condizioni ambientali ma anche per la peculiare situazione politica di microstati come la Repubblica di Cospaia, che fino al XIX secolo garantì con- dizioni favorevoli di esenzione fiscale e monopolio privato, creando un porto franco e un sistema di contrabbando regolamentato che favorì la diffusione del tabacco spadone. Questa storia territoriale unica contribuì a radicare il tabacco nell’economia locale e nella cul- tura produttiva, influenzando anche le modalità di lavorazione, con un ruolo significativo svolto dalla mezzadria e dalla manodopera femminile, impegnata nelle fasi agricola e premanifattura. Parallelamente, sul piano nazionale, il settore tabacchicolo fu oggetto di politiche statali di controllo e regolamentazione, culmi- nate nell’instaurazione di un monopolio pubblico alla fine dell’Ot- tocento, che gestiva un’intera filiera produttiva dall’agricoltura alla distribuzione. L’istituzione delle Concessioni Speciali nel 1901 rap- presentò un passaggio cruciale, permettendo di integrare produt- tori privati con il sistema monopolistico, in un equilibrio complesso tra interesse pubblico e iniziativa privata. Questo assetto durò fino agli anni Sessanta, sostenuto da politiche protezionistiche e autar- chiche che miravano all’autosufficienza nazionale e al pieno svi- luppo di un settore strategico. Nel contempo, le manifatture e i magazzini di lavorazione pre- manifatturiera si svilupparono come importanti presidi industriali e architettonici, soprattutto nelle regioni più vocate come la Puglia e la Campania. Qui si concentrarono progetti innovativi, come quelli dell’ingegnere e architetto Pier Luigi Nervi, che portò un contri- buto fondamentale all’architettura industriale con l’impiego pionie- ristico del cemento armato e della prefabbricazione. Opere come il Magazzino Concentramento Tabacchi Greggi a Lecce sono oggi testimonianza tangibile di come la funzionalità tecnica potesse in- contrare una raffinata ricerca estetica, segnando un’epoca di indu- strializzazione efficiente e moderna, ma profondamente radicata nelle specificità territoriali. L’industrializzazione del settore, tuttavia, non fu priva di contrad- dizioni e difficoltà. La devastazione causata dalla Seconda guerra mondiale lasciò molte strutture in rovina, mentre la ripresa del dopo- guerra si tradusse in un boom produttivo che durò fino agli anni Ses- santa. In questo periodo, il tabacco divenne un bene di consumo di massa, e le tecniche agricole si modernizzarono con l’introduzione di varietà più leggere e richieste dal mercato, come il Bright, che so- stituì progressivamente il Kentucky in Umbria e altrove. L’industria, d’altro canto, si fece carico di importanti investimenti in infrastrut- ture, tecnologie di essiccazione e processi di selezione, fermenta- zione e stagionatura, elementi chiave per mantenere la qualità e la competitività dei prodotti italiani. A testimonianza di questo intreccio tra industria e territorio, il complesso degli ex Seccatoi di Città di Castello rappresenta un caso esemplare di patrimonio industriale riconvertito in spazio cul- turale. Progettati negli anni Cinquanta con tecniche innovative di prefabbricazione, gli edifici furono destinati all’essiccazione del ta- bacco subtropicale, ma con la crisi del settore furono dismessi e poi trasformati, grazie all’artista Alberto Burri, in un atelier e spa- zio espositivo che oggi è punto di riferimento per l’arte contempo- ranea. Questa riconversione sottolinea come l’eredità industriale possa diventare risorsa culturale, attraverso una nuova lettura che valorizza la materialità, la forma e la storia degli spazi produttivi, e che intreccia memoria, innovazione e arte. Nonostante il successo di alcune realtà e la tenace persistenza di coltivazioni tradizionali, il settore tabacchicolo italiano ha dovuto affrontare da decenni una crisi strutturale. La concorrenza globale, l’emergere delle multinazionali, la riduzione dei consumi e le nor- mative restrittive hanno inciso profondamente, determinando la chiusura di molte manifatture, la perdita di posti di lavoro e la pro- gressiva sparizione di un modello produttivo che per decenni aveva rappresentato un motore economico e sociale per numerose aree. Il passaggio dalla gestione pubblica al modello privatistico, con la nascita dell’Ente Tabacchi Italiani e la successiva acquisizione da parte della British American Tobacco, ha accelerato questo pro- cesso, segnando la fine di un’epoca e ponendo nuove sfide in ter- mini di tutela e valorizzazione del patrimonio industriale. L’eredità di questo sistema, dunque, si presenta oggi come una risorsa da conoscere e proteggere, ma anche come un’op- portunità per ripensare i territori e le comunità coinvolte, attra- verso interventi di riuso innovativi e sensibili alle specificità sto- riche e architettoniche. Le manifatture, i magazzini e i complessi produttivi non sono soltanto testimonianze di un passato indu- striale, ma luoghi carichi di memoria e potenzialità, capaci di ge- nerare nuovi modelli di sviluppo culturale, economico e sociale. In questo senso, la tutela e il recupero del patrimonio tabacchi- colo italiano rappresentano una sfida fondamentale per la cultura della conservazione, ma anche per l’innovazione sostenibile e la valorizzazione del capitale umano e materiale. In conclusione, la storia del tabacco in Italia racconta un per- corso ricco e articolato, che intreccia agricoltura, industria, arte e politica. Dal microstato di Cospaia all’industrializzazione pu- gliese, dall’innovazione architettonica di Nervi agli spazi culturali di Burri, emerge un racconto di trasformazione continua, capace di riflettere la complessità della modernità italiana e la sua capa- cità di rinnovarsi. La sfida oggi è quella di mantenere viva que- sta memoria, di promuovere un dialogo tra passato e futuro e di trovare nuove forme di valorizzazione che rispettino e rilancino l’identità di un settore che ha segnato profondamente il territorio e la società italiana.File | Dimensione | Formato | |
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