I boschi vetusti costituiscono un patrimonio di inestimabile valore dal punto di vista ecologico ed ambientale, in quanto rappresentano la condizione più prossima alle foreste primordiali europee. Si stima che oggi le foreste vetuste europee occupino solo lo 0,7% dell’area boschiva totale e forniscono vari e importanti servizi ecosistemici. È ormai noto che le foreste montane vetuste sono ecosistemi dinamici caratterizzati da un alto livello di diversità strutturale e biologica, in grado di assorbire e immagazzinare carbonio per decenni, ma questa capacità potrebbe essere ostacolata dai cambiamenti climatici. Sebbene vi sia una crescente attenzione per questi ecosistemi ad alta naturalità, la conoscenza degli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici in ambiente Mediterraneo è ancora limitata. Nel presente lavoro abbiamo studiato alcuni degli ultimi lembi di boschi vetusti situati all’interno del Parco Nazionale del Pollino per valutare come la crescita di alberi conspecifici giovani e vecchi ha risposto ai cambiamenti climatici. I siti sono stati selezionati per il loro valore biologico ed ecologico, rappresentando un eccezionale esempio di foresta vetusta in Europa con cicli praticamente intatti grazie alla presenza di alberi di dimensioni notevoli, alberi morti in piedi, abbondante necromassa al suolo e un’elevata eterogeneità strutturale. Lo studio ha preso in esame due specie di conifere (Abies alba e Pinus leucodermis) e due specie di latifoglie (Fagus sylvatica e Quercus cerris) peculiari degli ambienti montani dell’area del Mediterraneo centrale. Sono stati selezionati e campionati distinti plot lungo un gradiente altitudinale, che va da un bosco di latifoglie di bassa quota, il cui fattore limitante è dato dalla siccità, a un bosco subalpino limitato dal freddo. Abbiamo utilizzato un approccio dendrocronologico per caratterizzare le dinamiche di crescita a lungo termine suddividendo le piante in due categorie cronologiche: piante vetuste (età > 120 anni) e alberi giovani (età < 120 anni). Comparando la crescita delle due categorie è emerso che gli alberi più giovani hanno un trend di crescita più rapido rispetto a quanto facessero i loro conspecifici vecchi durante il loro stadio giovanile, indipendentemente dalla specie, dove i vetusti tendono ad avere una crescita relativamente stabile. Abbiamo utilizzato Linear mixed effect models (periodo 1950-2015) per quantificare sia i trend di crescita recenti che le risposte al clima, per alberi vecchi e giovani. La sensibilità climatica, espressa come risposta della crescita radiale al clima durante gli ultimi tre decenni, differisce parzialmente tra le specie in quanto le alte temperature primaverili hanno determinato un miglioramento della crescita delle conifere. Di contro, la crescita del faggio è stata influenzata negativamente da condizioni primaverili più calde, mentre in generale la crescita degli alberi è stata influenzata negativamente dalla siccità estiva in tutte le specie. La sensibilità climatica è risultata differente tra alberi giovani e vecchi, dove i più sensibili risultano essere gli alberi più giovani di pino loricato e abete bianco, mentre per quanto riguarda il faggio sono risultati gli alberi vetusti ad essere maggiormente sensibili. Nei soprassuoli di cerro, più a bassa quota, la limitazione della crescita dovuta alla siccità non è risultata correlata all’età degli alberi, suggerendo una competizione idrica di tipo simmetrico. Tali risultati potrebbero avere rilevanti implicazioni nella mitigazione dei cambiamenti climatici, nei programmi di sostegno alla conservazione della biodiversità e per il ripristino della naturalità delle foreste. Infatti la conservazione e il restauro degli ecosistemi montani rappresenta un obiettivo importante dell’agenda 2030, pertanto investire sulle foreste vetuste risulta essere una tra le migliori assicurazioni nella transizione ecologica in atto per garantire alle generazioni future un pianeta vivibile.

Le foreste vetuste mediterranee mostrano resistenza al riscaldamento globale.

Colangelo Michele
;
Borghetti Marco;Gentilesca Tiziana;Lapolla Antonio;Piovesan Gianluca;Rita Angelo;
2022-01-01

Abstract

I boschi vetusti costituiscono un patrimonio di inestimabile valore dal punto di vista ecologico ed ambientale, in quanto rappresentano la condizione più prossima alle foreste primordiali europee. Si stima che oggi le foreste vetuste europee occupino solo lo 0,7% dell’area boschiva totale e forniscono vari e importanti servizi ecosistemici. È ormai noto che le foreste montane vetuste sono ecosistemi dinamici caratterizzati da un alto livello di diversità strutturale e biologica, in grado di assorbire e immagazzinare carbonio per decenni, ma questa capacità potrebbe essere ostacolata dai cambiamenti climatici. Sebbene vi sia una crescente attenzione per questi ecosistemi ad alta naturalità, la conoscenza degli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici in ambiente Mediterraneo è ancora limitata. Nel presente lavoro abbiamo studiato alcuni degli ultimi lembi di boschi vetusti situati all’interno del Parco Nazionale del Pollino per valutare come la crescita di alberi conspecifici giovani e vecchi ha risposto ai cambiamenti climatici. I siti sono stati selezionati per il loro valore biologico ed ecologico, rappresentando un eccezionale esempio di foresta vetusta in Europa con cicli praticamente intatti grazie alla presenza di alberi di dimensioni notevoli, alberi morti in piedi, abbondante necromassa al suolo e un’elevata eterogeneità strutturale. Lo studio ha preso in esame due specie di conifere (Abies alba e Pinus leucodermis) e due specie di latifoglie (Fagus sylvatica e Quercus cerris) peculiari degli ambienti montani dell’area del Mediterraneo centrale. Sono stati selezionati e campionati distinti plot lungo un gradiente altitudinale, che va da un bosco di latifoglie di bassa quota, il cui fattore limitante è dato dalla siccità, a un bosco subalpino limitato dal freddo. Abbiamo utilizzato un approccio dendrocronologico per caratterizzare le dinamiche di crescita a lungo termine suddividendo le piante in due categorie cronologiche: piante vetuste (età > 120 anni) e alberi giovani (età < 120 anni). Comparando la crescita delle due categorie è emerso che gli alberi più giovani hanno un trend di crescita più rapido rispetto a quanto facessero i loro conspecifici vecchi durante il loro stadio giovanile, indipendentemente dalla specie, dove i vetusti tendono ad avere una crescita relativamente stabile. Abbiamo utilizzato Linear mixed effect models (periodo 1950-2015) per quantificare sia i trend di crescita recenti che le risposte al clima, per alberi vecchi e giovani. La sensibilità climatica, espressa come risposta della crescita radiale al clima durante gli ultimi tre decenni, differisce parzialmente tra le specie in quanto le alte temperature primaverili hanno determinato un miglioramento della crescita delle conifere. Di contro, la crescita del faggio è stata influenzata negativamente da condizioni primaverili più calde, mentre in generale la crescita degli alberi è stata influenzata negativamente dalla siccità estiva in tutte le specie. La sensibilità climatica è risultata differente tra alberi giovani e vecchi, dove i più sensibili risultano essere gli alberi più giovani di pino loricato e abete bianco, mentre per quanto riguarda il faggio sono risultati gli alberi vetusti ad essere maggiormente sensibili. Nei soprassuoli di cerro, più a bassa quota, la limitazione della crescita dovuta alla siccità non è risultata correlata all’età degli alberi, suggerendo una competizione idrica di tipo simmetrico. Tali risultati potrebbero avere rilevanti implicazioni nella mitigazione dei cambiamenti climatici, nei programmi di sostegno alla conservazione della biodiversità e per il ripristino della naturalità delle foreste. Infatti la conservazione e il restauro degli ecosistemi montani rappresenta un obiettivo importante dell’agenda 2030, pertanto investire sulle foreste vetuste risulta essere una tra le migliori assicurazioni nella transizione ecologica in atto per garantire alle generazioni future un pianeta vivibile.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11563/199080
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