Adam Smith, padre dell’economia politica e della psicologia sociale moderna, colloca il lavoro al centro della scena sociale. Egli compone i suoi lavori principali prima delle tre grandi rivoluzioni che segneranno in profondità il diciottesimo secolo: la Rivoluzione americana, la Rivoluzione francese e la Prima Rivoluzione industriale. Nella Teoria dei sentimenti morali (1759) Smith sviluppa acute riflessioni sulla «simpatia», sullo «spettatore imparziale» e sul tema dell’amore. Partendo da questa triade concettuale, nella prima parte di questo contributo si vuole mostrare come la concezione dialogica e relazionale dell’amore proposta da Smith, pur dipendendo dall’assunto secondo cui l’amore è una virtù preferenziale rivolta a se stessi, anticipi per molti tratti quella formulata, appena dopo pochi decenni, dal giovane Hegel negli anni di Berna e Francoforte, il quale, proprio in questo periodo, inizia ad interessarsi alle questioni economiche e sociali. Nella seconda parte si passa a discutere la presenza di Smith nello Hegel del periodo di Jena, ripercorrendo le linee di sviluppo della modernità e delle sue «mode», ovvero di un modo di produzione che investe non solo i concetti ma soprattutto la qualità del lavoro e degli stili di vita, a partire dalla relazione negativa che lo spirito intrattiene con la natura. Dopo un breve richiamo alla concezione relazionale del Sé di George Herbert Mead, lettore di Smith ed Hegel, nella parte conclusiva si evidenziano gli effetti teorici complessivi derivanti dalla crisi contemporanea dell’innovazione intersoggettivistica di Hegel, a causa della forte incidenza, nelle società a capitalismo avanzato, del modello etico-signorile rinvenibile nella riflessione politica dell’ultimo Nietzsche. Sulla base di questo assunto, si valorizza una lettura del concetto di interdipendenza richiamando i punti salienti del Manifesto convivialista proposto dal sociologo Alain Caillé assieme ad altri studiosi di varie nazionalità, che rappresenta a tutt’oggi una valida alternativa «all’universalismo monologico della razionalità dell’homo oeconomicus».
Dall'economia politica all'etica economica e sociale: Hegel lettore di Adam Smith
Riccardo Roni
2016-01-01
Abstract
Adam Smith, padre dell’economia politica e della psicologia sociale moderna, colloca il lavoro al centro della scena sociale. Egli compone i suoi lavori principali prima delle tre grandi rivoluzioni che segneranno in profondità il diciottesimo secolo: la Rivoluzione americana, la Rivoluzione francese e la Prima Rivoluzione industriale. Nella Teoria dei sentimenti morali (1759) Smith sviluppa acute riflessioni sulla «simpatia», sullo «spettatore imparziale» e sul tema dell’amore. Partendo da questa triade concettuale, nella prima parte di questo contributo si vuole mostrare come la concezione dialogica e relazionale dell’amore proposta da Smith, pur dipendendo dall’assunto secondo cui l’amore è una virtù preferenziale rivolta a se stessi, anticipi per molti tratti quella formulata, appena dopo pochi decenni, dal giovane Hegel negli anni di Berna e Francoforte, il quale, proprio in questo periodo, inizia ad interessarsi alle questioni economiche e sociali. Nella seconda parte si passa a discutere la presenza di Smith nello Hegel del periodo di Jena, ripercorrendo le linee di sviluppo della modernità e delle sue «mode», ovvero di un modo di produzione che investe non solo i concetti ma soprattutto la qualità del lavoro e degli stili di vita, a partire dalla relazione negativa che lo spirito intrattiene con la natura. Dopo un breve richiamo alla concezione relazionale del Sé di George Herbert Mead, lettore di Smith ed Hegel, nella parte conclusiva si evidenziano gli effetti teorici complessivi derivanti dalla crisi contemporanea dell’innovazione intersoggettivistica di Hegel, a causa della forte incidenza, nelle società a capitalismo avanzato, del modello etico-signorile rinvenibile nella riflessione politica dell’ultimo Nietzsche. Sulla base di questo assunto, si valorizza una lettura del concetto di interdipendenza richiamando i punti salienti del Manifesto convivialista proposto dal sociologo Alain Caillé assieme ad altri studiosi di varie nazionalità, che rappresenta a tutt’oggi una valida alternativa «all’universalismo monologico della razionalità dell’homo oeconomicus».File | Dimensione | Formato | |
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