Per affrontare il processo della memoria secondo una prospettiva che dalla storia della filosofia ci conduce al dibattito epistemologico contemporaneo, ci è parso utile in questa sede ripartire dalle considerazioni del filosofo pragmatista americano Josiah Royce (1855-1916), allievo di Charles Sanders Peirce e collega, tra gli altri, di William James ad Harvard. Royce è un pensatore originale formatosi per un breve periodo in Germania, che ha goduto, anche in Italia, di una certa notorietà all’interno del dibattito filosofico e psicologico, almeno per tutta la prima metà del Novecento. Personalità con una solida educazione familiare cristiana alla base, ma nello stesso tempo ribelle e anticonformista, assieme a William Torrey Harris (1835-1909) Royce è uno dei principali esponenti del neoidealismo americano, sviluppato anche sulla base del confronto con gli esponenti dell’idealismo anglosassone (in special modo Bradley). Tra i suoi riferimenti alla filosofia continentale ricordiamo Spinoza, Goethe, Kant, Fichte, Hegel e Schelling, fino a Schopenhauer, Nietzsche, Guyau e Bergson. Fu, inoltre, ammiratore e lettore di Federigo Enriques, di cui cura la nota introduttiva alla traduzione americana dei "Problemi della scienza". Per risolvere il carattere astratto e indeterminato rivestito dall’Assoluto nella dottrina di Bradley – il quale considerava ogni forma di pensiero come logicamente contraddittoria, quindi apparente – Royce va alla ricerca di una nuova totalità, in cui l’unita del molteplice si configuri come un processo "infinito".

Le basi sociali della memoria. Josiah Royce (1855-1916) e la "comunità di interpretazione"

Riccardo Roni
2024-01-01

Abstract

Per affrontare il processo della memoria secondo una prospettiva che dalla storia della filosofia ci conduce al dibattito epistemologico contemporaneo, ci è parso utile in questa sede ripartire dalle considerazioni del filosofo pragmatista americano Josiah Royce (1855-1916), allievo di Charles Sanders Peirce e collega, tra gli altri, di William James ad Harvard. Royce è un pensatore originale formatosi per un breve periodo in Germania, che ha goduto, anche in Italia, di una certa notorietà all’interno del dibattito filosofico e psicologico, almeno per tutta la prima metà del Novecento. Personalità con una solida educazione familiare cristiana alla base, ma nello stesso tempo ribelle e anticonformista, assieme a William Torrey Harris (1835-1909) Royce è uno dei principali esponenti del neoidealismo americano, sviluppato anche sulla base del confronto con gli esponenti dell’idealismo anglosassone (in special modo Bradley). Tra i suoi riferimenti alla filosofia continentale ricordiamo Spinoza, Goethe, Kant, Fichte, Hegel e Schelling, fino a Schopenhauer, Nietzsche, Guyau e Bergson. Fu, inoltre, ammiratore e lettore di Federigo Enriques, di cui cura la nota introduttiva alla traduzione americana dei "Problemi della scienza". Per risolvere il carattere astratto e indeterminato rivestito dall’Assoluto nella dottrina di Bradley – il quale considerava ogni forma di pensiero come logicamente contraddittoria, quindi apparente – Royce va alla ricerca di una nuova totalità, in cui l’unita del molteplice si configuri come un processo "infinito".
2024
978-88-6550-964-7
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11563/190857
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