Nel corso degli anni gli impianti artigianali di Taranto sono stati oggetto di diversi studi. Sebbene la ricerca archeologica sia giunta ad un notevole livello di conoscenza sull’argomento, mancano lavori sistematici che analizzino il tema in dettaglio partendo dall’esame dei dati materiali. Solo una piccolissima porzione dei dati risulta edita e le deduzioni complessive derivano perlopiù dall’analisi di documenti d’archivio o da considerazioni quantitative sui prodotti finiti, elemento questo che da solo non risulta probante di attività artigianali in loco. Nell’ambito del Dottorato di Ricerca si è dunque deciso di affrontare nuovamente tale studio. È stato adottato un modus operandi nuovo che, ribaltando completamente le vecchie prospettive d’indagine basate sul dato d’archivio e quantitativo, si fonda invece sull’analisi autoptica dei materiali e sulla corretta considerazione degli “indicatori di produzione”. A tal fine, nelle fasi iniziali della ricerca, si è proceduto all’analisi di tutta la documentazione archeologica conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Taranto − il principale custode dei manufatti e dei documenti relativi agli impianti artigianali dell’antica Polis − onde individuare tutte le evidenze legate alla sfera produttiva. Ci è parso opportuno intraprendere innanzitutto uno spoglio sistematico degli oltre 160 Registri d’Inventario del Museo. Tale spoglio ha evidenziato la presenza di elementi riconducibili ad attività produttive in oltre 70 aree dell’antico tessuto urbano tarantino (finora ne risultavano individuate solo 24 dall’edito). Data l’elevata quantità di zone artigianali, lo studio si è quindi focalizzato sull’area dell’Ospedale Civile SS. Annunziata che sicuramente costituisce un importante testimone delle diverse produzioni attive a Taranto nell’arco cronologico più lungo ivi attestato ossia dall’età arcaica fino al II-I sec. a.C. Una volta individuati i materiali si è passati all’analisi autoptica degli stessi. Sono state prese in considerazione tutte le cassette degli scavi dell’Ospedale Civile SS. Annunziata contraddistinte dalle diciture “pozzo”, “fossa di scarico”, “foggia ovale”, “zona della fornace”, “cisterna” e si è prestata particolare attenzione a tutti i materiali ed in particolare agli indicatori di produzione. Stando all’edito gli impianti dell’area erano dediti alla produzione di ceramica prevalentemente di uso comune, pareti sottili, ollae perforatae e di coroplastica per usi differenti. Dalle nuove ricerche, seppure non ancora concluse e ancora prive di analisi archeometriche, è invece emerso un quadro produttivo molto più articolato e complesso. La maggior parte degli indicatori rinvenuti nell’area dell’Ospedale Civile sono riconducibili alla produzione figulina di diverse classi ceramiche e di terrecotte. La lavorazione in loco dell’argilla è testimoniata in particolare da numerosi frammenti di pani, da grumi di argilla, da nuclei ceramici ipercotti, da attrezzi ed utensili e dalla presenza di molteplici scarti e di manufatti con difetti della lavorazione e/o di cottura. Sicuramente attiva nell’area dell’Ospedale Civile era la produzione delle terrecotte testimoniata dalle numerosissime matrici, alcune delle quali iscritte, e da alcuni provini. Le matrici erano perlopiù impiegate per la realizzazione di tipi coroplastici inquadrabili tra l’età arcaica ed il III sec. a.C., ma anche di statuette, presenti con frequenza nelle sepolture d’età ellenistica. Non mancano inoltre alcune matrici di grandi dimensioni destinate alla realizzazione di dischi votivi o di elementi architettonici quali le antefisse. In base alla contemporanea presenza di matrici iscritte e di bolli è inoltre da ipotizzare che nell’area producessero anche pesi da telaio. Gli indicatori ceramici più antichi sono forse da riferirsi già alla produzione di coppe a filetti (di VII - primi del VI sec. a.C.); seguono, tra il secondo quarto del VI e la fine del III sec. a.C., indicatori di ceramica a fasce; della classe a vernice nera (soprattutto coppette concavo-convesse, piatti, skyphoi, tazze skyphoidali e lucerne di fine V - prima metà del III sec. a.C.,); della classe cd. “macchiata” (di IV - II sec. a.C.); della sovraddipinta e probabilmente di quella a figure rosse (databili tra la fine del V e gli inizi del III sec. a.C.). Verosimilmente attiva doveva essere anche la produzione di ceramica da fuoco e, come già supposto, sembrerebbe confermarsi anche la produzione di ceramiche acrome. Ricollegabile all’ultima fase di attività degli impianti sarebbe un nucleo di ollae perforatae destinate all’arboricoltura e databili al III e II sec. a.C. Infine in base alla presenza di numerosi grumi e di scarti ferrosi e bronzei è possibile ipotizzare che nell’area dell’Ospedale Civile si siano lavorati anche i metalli, mentre denti animali semilavorati potrebbero costituire un indizio della lavorazione dell’osso. La zona, dove avrebbero operato a stretto contatto ceramisti, coroplasti e forse anche artigiani che lavoravano l’osso ed i metalli, avrebbe dunque ospitato officine attive dall’età arcaica fino ad almeno il II sec. a.C.
Gli impianti artigianali di Taranto: nuovi dati e prospettive di ricerca. L’area dell’Ospedale Civile SS. Annunziata / Lucciardi, ANNA RITA. - (2022 Oct 11).
Gli impianti artigianali di Taranto: nuovi dati e prospettive di ricerca. L’area dell’Ospedale Civile SS. Annunziata.
LUCCIARDI, ANNA RITA
2022-10-11
Abstract
Nel corso degli anni gli impianti artigianali di Taranto sono stati oggetto di diversi studi. Sebbene la ricerca archeologica sia giunta ad un notevole livello di conoscenza sull’argomento, mancano lavori sistematici che analizzino il tema in dettaglio partendo dall’esame dei dati materiali. Solo una piccolissima porzione dei dati risulta edita e le deduzioni complessive derivano perlopiù dall’analisi di documenti d’archivio o da considerazioni quantitative sui prodotti finiti, elemento questo che da solo non risulta probante di attività artigianali in loco. Nell’ambito del Dottorato di Ricerca si è dunque deciso di affrontare nuovamente tale studio. È stato adottato un modus operandi nuovo che, ribaltando completamente le vecchie prospettive d’indagine basate sul dato d’archivio e quantitativo, si fonda invece sull’analisi autoptica dei materiali e sulla corretta considerazione degli “indicatori di produzione”. A tal fine, nelle fasi iniziali della ricerca, si è proceduto all’analisi di tutta la documentazione archeologica conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Taranto − il principale custode dei manufatti e dei documenti relativi agli impianti artigianali dell’antica Polis − onde individuare tutte le evidenze legate alla sfera produttiva. Ci è parso opportuno intraprendere innanzitutto uno spoglio sistematico degli oltre 160 Registri d’Inventario del Museo. Tale spoglio ha evidenziato la presenza di elementi riconducibili ad attività produttive in oltre 70 aree dell’antico tessuto urbano tarantino (finora ne risultavano individuate solo 24 dall’edito). Data l’elevata quantità di zone artigianali, lo studio si è quindi focalizzato sull’area dell’Ospedale Civile SS. Annunziata che sicuramente costituisce un importante testimone delle diverse produzioni attive a Taranto nell’arco cronologico più lungo ivi attestato ossia dall’età arcaica fino al II-I sec. a.C. Una volta individuati i materiali si è passati all’analisi autoptica degli stessi. Sono state prese in considerazione tutte le cassette degli scavi dell’Ospedale Civile SS. Annunziata contraddistinte dalle diciture “pozzo”, “fossa di scarico”, “foggia ovale”, “zona della fornace”, “cisterna” e si è prestata particolare attenzione a tutti i materiali ed in particolare agli indicatori di produzione. Stando all’edito gli impianti dell’area erano dediti alla produzione di ceramica prevalentemente di uso comune, pareti sottili, ollae perforatae e di coroplastica per usi differenti. Dalle nuove ricerche, seppure non ancora concluse e ancora prive di analisi archeometriche, è invece emerso un quadro produttivo molto più articolato e complesso. La maggior parte degli indicatori rinvenuti nell’area dell’Ospedale Civile sono riconducibili alla produzione figulina di diverse classi ceramiche e di terrecotte. La lavorazione in loco dell’argilla è testimoniata in particolare da numerosi frammenti di pani, da grumi di argilla, da nuclei ceramici ipercotti, da attrezzi ed utensili e dalla presenza di molteplici scarti e di manufatti con difetti della lavorazione e/o di cottura. Sicuramente attiva nell’area dell’Ospedale Civile era la produzione delle terrecotte testimoniata dalle numerosissime matrici, alcune delle quali iscritte, e da alcuni provini. Le matrici erano perlopiù impiegate per la realizzazione di tipi coroplastici inquadrabili tra l’età arcaica ed il III sec. a.C., ma anche di statuette, presenti con frequenza nelle sepolture d’età ellenistica. Non mancano inoltre alcune matrici di grandi dimensioni destinate alla realizzazione di dischi votivi o di elementi architettonici quali le antefisse. In base alla contemporanea presenza di matrici iscritte e di bolli è inoltre da ipotizzare che nell’area producessero anche pesi da telaio. Gli indicatori ceramici più antichi sono forse da riferirsi già alla produzione di coppe a filetti (di VII - primi del VI sec. a.C.); seguono, tra il secondo quarto del VI e la fine del III sec. a.C., indicatori di ceramica a fasce; della classe a vernice nera (soprattutto coppette concavo-convesse, piatti, skyphoi, tazze skyphoidali e lucerne di fine V - prima metà del III sec. a.C.,); della classe cd. “macchiata” (di IV - II sec. a.C.); della sovraddipinta e probabilmente di quella a figure rosse (databili tra la fine del V e gli inizi del III sec. a.C.). Verosimilmente attiva doveva essere anche la produzione di ceramica da fuoco e, come già supposto, sembrerebbe confermarsi anche la produzione di ceramiche acrome. Ricollegabile all’ultima fase di attività degli impianti sarebbe un nucleo di ollae perforatae destinate all’arboricoltura e databili al III e II sec. a.C. Infine in base alla presenza di numerosi grumi e di scarti ferrosi e bronzei è possibile ipotizzare che nell’area dell’Ospedale Civile si siano lavorati anche i metalli, mentre denti animali semilavorati potrebbero costituire un indizio della lavorazione dell’osso. La zona, dove avrebbero operato a stretto contatto ceramisti, coroplasti e forse anche artigiani che lavoravano l’osso ed i metalli, avrebbe dunque ospitato officine attive dall’età arcaica fino ad almeno il II sec. a.C.File | Dimensione | Formato | |
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