Dopo il primo insediamento dei monaci di S. Equizio, legato alla famiglia Anicia cui S. Gregorio Magno apparteneva, l’originario monastero eremo passò, per un breve periodo, a ridosso del X secolo, sotto la giurisdizione cluniacense. Distrutto successivamente da incursioni saracene, agli inizi del XII secolo fu ricostruito ad opera di San Giovanni da Matera, pellegrino al celebre santuario micaelico di Monte Sant’Angelo. Qui “una donna, degnissima di venerazione per l’aspetto di serena pietà”, con la mano gli indicò dove dovesse andare per edificare una chiesa. Era la Madre di Dio – secondo il canone iconografico – odigitria, “colei che indica la via”, la perpetua custode di Pulsano, che in seguito sarebbe sempre stata venerata con grandissima devozione dalle popolazioni locali, anche nei periodi di abbandono da parte dei monaci. Dall’austera testimonianza di vita di San Giovanni Abate ci giungono descrizioni di una famiglia monastica autonoma, l’Ordine degli Eremiti Pulsanesi, detti anche gli “Scalzi”, i quali rifacendosi rigidamente alla regola di San Benedetto e alla tradizione monastica orientale già presente in tutta il meridione, ebbero in questo monastero garganico e nei suoi eremi la loro Casa Madre, da cui dipesero circa 40 monasteri, sparsi non solo in Puglia ma anche in Italia centrale e settentrionale e persino oltre l’Adriatico. Fra il XIV e il XV secolo l’Ordine pulsanense si estinse e l’abbazia fu custodita da monaci cistercensi, a frati domenicani e francescani, e infine monaci celestini, che furono presenti stabilmente su questo colle fino alla soppressione murattiana del 1809.

Abbazia di Santa Maria di Pulsano, giglio candidissimo dei monti del Gargano e regina dei monaci della nostra terra

G. Bernardo
Writing – Original Draft Preparation
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2020-01-01

Abstract

Dopo il primo insediamento dei monaci di S. Equizio, legato alla famiglia Anicia cui S. Gregorio Magno apparteneva, l’originario monastero eremo passò, per un breve periodo, a ridosso del X secolo, sotto la giurisdizione cluniacense. Distrutto successivamente da incursioni saracene, agli inizi del XII secolo fu ricostruito ad opera di San Giovanni da Matera, pellegrino al celebre santuario micaelico di Monte Sant’Angelo. Qui “una donna, degnissima di venerazione per l’aspetto di serena pietà”, con la mano gli indicò dove dovesse andare per edificare una chiesa. Era la Madre di Dio – secondo il canone iconografico – odigitria, “colei che indica la via”, la perpetua custode di Pulsano, che in seguito sarebbe sempre stata venerata con grandissima devozione dalle popolazioni locali, anche nei periodi di abbandono da parte dei monaci. Dall’austera testimonianza di vita di San Giovanni Abate ci giungono descrizioni di una famiglia monastica autonoma, l’Ordine degli Eremiti Pulsanesi, detti anche gli “Scalzi”, i quali rifacendosi rigidamente alla regola di San Benedetto e alla tradizione monastica orientale già presente in tutta il meridione, ebbero in questo monastero garganico e nei suoi eremi la loro Casa Madre, da cui dipesero circa 40 monasteri, sparsi non solo in Puglia ma anche in Italia centrale e settentrionale e persino oltre l’Adriatico. Fra il XIV e il XV secolo l’Ordine pulsanense si estinse e l’abbazia fu custodita da monaci cistercensi, a frati domenicani e francescani, e infine monaci celestini, che furono presenti stabilmente su questo colle fino alla soppressione murattiana del 1809.
2020
978-88-9280-002-1
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