Il paesaggio si contempla o si vive? È spazio dotato di un’identità unitaria e immutabile che garantisce l’aderenza tra abitanti e contesto, tra spazio e spirito del luogo oppure è lo spazio pulviscolare, scenario della modificazione che nasce dalle tensioni e contraddizioni che richiedono una continua negoziazione di valori e significato1? Il gioco delle contraddizioni, in cui è sempre comodo rifugiarsi, rischia però di diventare effimero, ineffettuale o irresponsabile: se il giurista pacifica la contraddizione attribuendo la prima alla giurisdizione illuminista e prescrittiva e la seconda alla visione popolare e riformista, come trovare una postura del progetto del giardino, della città e del paesaggio che si nutra di questa contraddizione? Come ingaggiare un confronto critico e non banale del progetto tra la necessità della regolamentazione e la scelta delle forme dello spazio? La mise en patrimoine2 è un esercizio progettuale che assume come dispositivo questa contraddizione, perché aiuta a costruire un giudizio critico sul presente, ma è anche mise en pajsage perché guarda all’inerzia dei materiali della città fisica dentro la mutevolezza dei valori della natura e le forme della sua rappresentazione. Il paesaggio è percepito: come dice Calvino, «il mondo non si può guardare senza la presenza dell’io, facendo a meno di quella macchina di inquietudine che è la presenza dell’individuo».

Tracciare la rotta

Mariavaleria Mininni
2021-01-01

Abstract

Il paesaggio si contempla o si vive? È spazio dotato di un’identità unitaria e immutabile che garantisce l’aderenza tra abitanti e contesto, tra spazio e spirito del luogo oppure è lo spazio pulviscolare, scenario della modificazione che nasce dalle tensioni e contraddizioni che richiedono una continua negoziazione di valori e significato1? Il gioco delle contraddizioni, in cui è sempre comodo rifugiarsi, rischia però di diventare effimero, ineffettuale o irresponsabile: se il giurista pacifica la contraddizione attribuendo la prima alla giurisdizione illuminista e prescrittiva e la seconda alla visione popolare e riformista, come trovare una postura del progetto del giardino, della città e del paesaggio che si nutra di questa contraddizione? Come ingaggiare un confronto critico e non banale del progetto tra la necessità della regolamentazione e la scelta delle forme dello spazio? La mise en patrimoine2 è un esercizio progettuale che assume come dispositivo questa contraddizione, perché aiuta a costruire un giudizio critico sul presente, ma è anche mise en pajsage perché guarda all’inerzia dei materiali della città fisica dentro la mutevolezza dei valori della natura e le forme della sua rappresentazione. Il paesaggio è percepito: come dice Calvino, «il mondo non si può guardare senza la presenza dell’io, facendo a meno di quella macchina di inquietudine che è la presenza dell’individuo».
2021
978-88-229-0680-9
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