Il presente contributo è nato dall’esigenza personale e profonda di rispondere ad alcune domande che ‒ oggi più che mai ‒ necessitano della nostra attenzione e partecipazione: “che cosa significa vivere in un posto da stranieri?”, “che cosa significa vivere percependo sé e gli altri come estranei, come altro da sé?”. Quando nell’anno accademico 2001-2002 ho cominciato a insegnare nell’Università della Basilicata, avevo ancora la residenza in Germania dove ero emigrata alla fine del 1995. Avevo quindi vissuto diversi anni nella condizione di “straniera”; avendo percepito quella che Bennett (1993) concepisce come l’esperienza della differenza. Così, al pensiero che i miei studenti ‒ partecipando al programma Erasmus ‒ si trovassero catapultati in una terra estranea, avendo come unici strumenti solo una conoscenza base della lingua e poco o nulla della conoscenza della cultura e della mentalità del paese ospitante, ho pensato che fosse necessario lavorare, oltre che sulla conoscenza della lingua e di un po’ di “civiltà” della cultura ospitante, anche sulla consapevolezza di cosa significhi affrontare l’esperienza di alterità. Con quest’obiettivo, ho ripreso a studiare quello che in Germania viene chiamato il processo del Fremdverstehen: la comprensione dell’estraneo.

Sentirsi estranei. L'esperienza della differenza e lo sviluppo della "sensibilità interculturale"

Elena Bellavia
2018-01-01

Abstract

Il presente contributo è nato dall’esigenza personale e profonda di rispondere ad alcune domande che ‒ oggi più che mai ‒ necessitano della nostra attenzione e partecipazione: “che cosa significa vivere in un posto da stranieri?”, “che cosa significa vivere percependo sé e gli altri come estranei, come altro da sé?”. Quando nell’anno accademico 2001-2002 ho cominciato a insegnare nell’Università della Basilicata, avevo ancora la residenza in Germania dove ero emigrata alla fine del 1995. Avevo quindi vissuto diversi anni nella condizione di “straniera”; avendo percepito quella che Bennett (1993) concepisce come l’esperienza della differenza. Così, al pensiero che i miei studenti ‒ partecipando al programma Erasmus ‒ si trovassero catapultati in una terra estranea, avendo come unici strumenti solo una conoscenza base della lingua e poco o nulla della conoscenza della cultura e della mentalità del paese ospitante, ho pensato che fosse necessario lavorare, oltre che sulla conoscenza della lingua e di un po’ di “civiltà” della cultura ospitante, anche sulla consapevolezza di cosa significhi affrontare l’esperienza di alterità. Con quest’obiettivo, ho ripreso a studiare quello che in Germania viene chiamato il processo del Fremdverstehen: la comprensione dell’estraneo.
2018
9788825512007
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