Il disegno è, in realtà, il trabocchetto dell’architettura. (Le Corbusier, 1941) La corrispondenza tra disegno, architettura e dettaglio tecnologico è quindi la corrispondenza univoca tra realtà e fantasia, esattamente dove il disegno si fa architettura e dove l’architettura diventa tramite la fantasia e l’estro dell’uomo…realtà. Ed è proprio dalla sapiente “ars aedificandi” frutto dei secoli e della sperimentazione costruttiva, dal trilite e la capanna agli archi e le volte fino a quello scheletro indipendente che ha liberato le nostre architetture da quell’immagine di massa statica portante, che oggi ritroviamo “innovazione” tecnica e tecnologica in quegli “orizzontamenti” che hanno fatto la storia dell’architettura del XX secolo e quella delle nostre città, società e comunità lavorative, identificandone l’evoluzione strutturale e formale fino ad oggi. Ma “Conoscenza” è proprio la prima protagonista di questo nostro spettacolo del costruire che sta andando …in onda. Nuovi prodotti industriali, in particolare il ferro, il calcestruzzo armato e la terracotta, fanno presagire un’arte più plastica, nella quale il rivestimento starà alla struttura come la carne alle nostre ossa, “ ma capace di esprimere più che mai verità e bellezza” (F.L. Wright, 1908) Nuovi prodotti e manufatti si affacciano alla esperienza/sperimentazione costruttiva degli anni che vanno dalla fine della prima guerra mondiale fino a quel boom economico che ha portato le nostre comunità ad una crescita culturale ed economica producendo costruzioni che nulla avevano a che fare con le massicce strutture voltate dei secoli precedenti. Questa pubblicazione continua una ricerca che arriva da lontano nell’ambito degli studi dell’edilizia del primo novecento tra tradizione e innovazione, focalizzata sulla conoscenza appunto dei caratteri tecnologici e funzionali per la conservazione e manutenzione. Conservare e valorizzare l’identità di una architettura non si pone più come esigenza astratta, ma diventa interesse reale anche per la sua singolarità, per la storia e la cultura che sottende, aggiunge valore alle finalità per le quali è “utilizzata” o “riutilizzata”. Accanto a questo, un tema altrettanto importante è il recupero e la valorizzazione del Patrimonio Industriale visto in quattro settori di competenza: processi, mezzi, prodotti e contenitori.Individuato il bene culturale industriale è opportuno accertare quali siano le possibilità di preservarlo prendendo in esame le azioni specifiche di intervento.Un piano di fattibilità opera per realizzare gli scopi prefissi, che sono: prospezione, documentazione, schedatura, salvaguardia, recupero, restauro e fruizione del bene culturale industriale. L'interesse per la riscoperta del valore culturale ed architettonico dell' Industrial Heritage nasce contemporaneamente a quella del riuso di questi complessi architettonici che sono andati perdendo il loro ruolo originario, come in questo caso il Mulino Alvino. Nella concezione comune di monumento ancora oggi non sono completamente presenti i luoghi del lavoro che hanno segnato il nostro passato produttivo, i luoghi dell’industria, il patrimonio architettonico che oggi giace nelle strette vie delle città affollate o nella sua periferia, dimenticato e abbandonato. I fatti industriali solamente se visti come monumenti, come eredità del passato e segni di una memoria collettiva da perpetuare possono entrare a far parte legittimamente dei documenti che lo storico porta come esempio, per una storia della civiltà più completa ed esauriente. L’importanza assegnata a questi particolari monumenti, più che a quelli generalmente assunti in virtù della loro firma o dell’appartenenza a una storia remota, è determinata dallo stretto rapporto esistente tra la fabbrica e la manodopera che vi lavorava, tra il paesaggio in cui questi elementi s’inserivano, i mezzi di comunicazione e il tempo della fabbrica, il ritmo del lavoro. La classe operaia non ha costruito testimonianza di sé poiché non ne aveva i mezzi, l’unica testimonianza rimasta è, dunque, quella che per essa è stata costruita, la fabbrica. Nella pubblicazione sono analizzate le forme del costruire ed i materiali della tradizione correlati e confrontati con le innovazione costruttive della prima metà del XX secolo, per consentire comparazioni e classificazioni alfine della formazione di un catalogo documentario per la valorizzazione e la salvaguardia di quegli elementi tecnologico-costruttivi che hanno tramandato fino ad oggi una memoria costruttiva episodica a volte, industriale in altre, che però partiva sempre da un vissuto territoriale caratterizzante. La metodologia di indagine si fonda sull'assunzione dei dati della complessità e atipicità degli elementi costruttivi orizzontali e rileva la catalogazione dei rapporti tipomorfologici, i materiali e le tecnologie costruttive, la documentazione, storico-bibliografica. A seguito della variazione delle condizioni storiche, economiche, sociali e culturali e delle prestazioni funzionali si è verificato spesso l’abbandono dei luoghi, il degrado dei manufatti architettonici e delle parti tecnologiche costituenti, la perdita complessiva della loro funzione sociale e del ruolo culturale. Inoltre oggi la constatazione è che manca la metodologia per una corretta azione tutoria specifica del patrimonio in oggetto per supportare una conoscenza scientifica del patrimonio edilizio e ambientale, con particolare attenzione al rapporto tra tecniche e materiali innovativi degli anni del primo novecento e tecniche e materiali tradizionali. Attenzione particolare viene posta al rapporto tra le tecniche innovative (utilizzo di nuovi materiali o nuovi sistemi di posa in opera di materiali tradizionali) degli anni del primo ‘900 e le tecniche tradizionali consolidate. La ricerca effettuata ha determinato che la produzione edilizia del primo novecento ha risentito di un processo innovativo pressoché continuo prima nell’utilizzo di materiali nuovi quali leganti cementizi e l’uso degli acciai da costruzione e successivamente nell’utilizzo di tecniche costruttive più complesse con criteri volti alla celerità della esecuzione. Tale processo documentato dalla produzione normativa e dalle realizzazioni del periodo è stato continuo con la sola interruzione dovuta al secondo conflitto mondiale. L’innovazione ha riguardato in una prima fase l’utilizzo di materiali nuovi per i quali si dovevano predisporre metodi di controllo ed accettazione mentre e nel dopo guerra l’innovazione è stata rivolta maggiormente alle tecniche di produzione edilizia nella direzione dell’aumento della velocità di produzione dei manufatti; come riscontrato dalla attenzione riscontrata, nei documenti, alla organizzazione del cantiere e nell’utilizzo di elementi quali il SAP e il notevole numero di sistemi simili. Il Vignola non si preoccupa di finestre, bensì di “intrafinestre” (pilasti e colonne). Io devignolizzo dicendo: l’Architettura significa solai illuminati. (Le Corbusier, 1929) L'obiettivo è stato quello di affrontare il tema del recupero e della valorizzazione di ambiti fortemente caratterizzati da sperimentazione di tecniche costruttive del Moderno e tende a realizzare un abaco delle tecnologie edilizie utilizzate individuando gli effetti dell’ “innovazione”, prima tecnologica poi normativa, sulle realizzazioni. La presenza nel territorio di un patrimonio costituito da complessi insediativi di edilizia minore e di emergenze architettoniche specialistiche legato all’economia e alla produzione (Mulini, centrali Idroelettriche, stazioni ferroviarie e case cantoniere, caserme, attività sociali e servizi), caratterizzato dalla sperimentazione delle tecniche costruttive moderne o da nuove tecniche di posa in opera con materiali tradizionali, poco conosciute e per nulla studiate e valorizzate, è il fattore trainante della pubblicazione. L'obiettivo dell'attività di ricerca è la valorizzazione e la conoscenza dei manufatti e dei nuclei fondativi in un ambito culturale più generale del recupero di un frammento di un "mosaico" che è costituito dalle complesse vicende storiche della civiltà del Mezzogiorno. La ricerca si riferisce a quella parte del patrimonio storico-culturale, architettonico ed ambientale che sembra aver perduto con il tempo il proprio ruolo riconoscibile. E' evidente che non ci riferiamo alla funzione, ma al ruolo socio culturale che questi manufatti hanno avuto nel passato e soprattutto al ruolo architettonico in senso lato. Qualsiasi siano i motivi di tale degrado o abbandono, si tratta di manufatti che "per essere di nuovo" suppongono una risposta architettonica, un vero e proprio progetto di analisi finalizzato al recupero e alla valorizzazione. Al degrado, all'abbandono, all'incompiutezza e alla relativa estraneità alla vita quotidiana, corrisponde una nuova disponibilità, una virtualità dei manufatti come architetture da "recuperare". Virtualità che si esprime non solo rispetto a come essi erano di fronte ai problemi originali, ma a come potrebbero essere "di nuovo" di fronte a nuovi problemi e a nuove opportunità. In realtà, si dovrebbe mettere in evidenza il rapporto che quasi sempre vi è tra isolamento e degrado: e la possibilità di contemperare la tutela con usi regolamentati. Importanti sono i rapporti concettuali fisici fra materiali antichi e materiali contemporanei, per controllarne meglio l'introduzione e la compatibilità. La catalogazione per la definizione di un abaco dei materiali e degli elementi costruttivi storici, non tralascia la considerazione dei significati profondi e simbolici dei materiali, delle tecniche e delle forme architettoniche provenienti dalla struttura storicamente stratificata. L'interruzione della produzione artigianale locale di molti materiali costruttivi storici (pietra, legno. ferro. ecc.), l'indisponibilità in loco, gli alti costi di approvvigionamento da fonti alternative, impongono una revisione strategica della problematica dei progetti a livello locale. Questo obiettivo della ricerca propone risposte certe circa l'impiego nel processo di recupero di materiali locali disponibili, con caratteristiche tecniche analoghe a quelli storicizzati per una integrazione e la sostituzione degli stessi. Conseguentemente l'aspetto manualistico della ricerca non può prescindere dall'elaborazione ed integrazione della normativa prescrittiva dell'impiego e della lavorazione dei materiali locali, sulla gamma delle variazioni previste dai temi imposti nella casistica dei restauro conservativo. L'aumentata e diffusa sensibilità per il riconoscimento, il recupero e la tutela degli ambienti storici, accentuano l'urgenza strategica di disporre di una metodologia e di una strumentazione d'intervento specifica e locale, come risposta alta e qualificata ai temi attuali del recupero ambientale e architettonico.

I sistemi tecnologici dalla tradizione costruttiva al XX secolo

GUIDA, Antonella Grazia
2016-01-01

Abstract

Il disegno è, in realtà, il trabocchetto dell’architettura. (Le Corbusier, 1941) La corrispondenza tra disegno, architettura e dettaglio tecnologico è quindi la corrispondenza univoca tra realtà e fantasia, esattamente dove il disegno si fa architettura e dove l’architettura diventa tramite la fantasia e l’estro dell’uomo…realtà. Ed è proprio dalla sapiente “ars aedificandi” frutto dei secoli e della sperimentazione costruttiva, dal trilite e la capanna agli archi e le volte fino a quello scheletro indipendente che ha liberato le nostre architetture da quell’immagine di massa statica portante, che oggi ritroviamo “innovazione” tecnica e tecnologica in quegli “orizzontamenti” che hanno fatto la storia dell’architettura del XX secolo e quella delle nostre città, società e comunità lavorative, identificandone l’evoluzione strutturale e formale fino ad oggi. Ma “Conoscenza” è proprio la prima protagonista di questo nostro spettacolo del costruire che sta andando …in onda. Nuovi prodotti industriali, in particolare il ferro, il calcestruzzo armato e la terracotta, fanno presagire un’arte più plastica, nella quale il rivestimento starà alla struttura come la carne alle nostre ossa, “ ma capace di esprimere più che mai verità e bellezza” (F.L. Wright, 1908) Nuovi prodotti e manufatti si affacciano alla esperienza/sperimentazione costruttiva degli anni che vanno dalla fine della prima guerra mondiale fino a quel boom economico che ha portato le nostre comunità ad una crescita culturale ed economica producendo costruzioni che nulla avevano a che fare con le massicce strutture voltate dei secoli precedenti. Questa pubblicazione continua una ricerca che arriva da lontano nell’ambito degli studi dell’edilizia del primo novecento tra tradizione e innovazione, focalizzata sulla conoscenza appunto dei caratteri tecnologici e funzionali per la conservazione e manutenzione. Conservare e valorizzare l’identità di una architettura non si pone più come esigenza astratta, ma diventa interesse reale anche per la sua singolarità, per la storia e la cultura che sottende, aggiunge valore alle finalità per le quali è “utilizzata” o “riutilizzata”. Accanto a questo, un tema altrettanto importante è il recupero e la valorizzazione del Patrimonio Industriale visto in quattro settori di competenza: processi, mezzi, prodotti e contenitori.Individuato il bene culturale industriale è opportuno accertare quali siano le possibilità di preservarlo prendendo in esame le azioni specifiche di intervento.Un piano di fattibilità opera per realizzare gli scopi prefissi, che sono: prospezione, documentazione, schedatura, salvaguardia, recupero, restauro e fruizione del bene culturale industriale. L'interesse per la riscoperta del valore culturale ed architettonico dell' Industrial Heritage nasce contemporaneamente a quella del riuso di questi complessi architettonici che sono andati perdendo il loro ruolo originario, come in questo caso il Mulino Alvino. Nella concezione comune di monumento ancora oggi non sono completamente presenti i luoghi del lavoro che hanno segnato il nostro passato produttivo, i luoghi dell’industria, il patrimonio architettonico che oggi giace nelle strette vie delle città affollate o nella sua periferia, dimenticato e abbandonato. I fatti industriali solamente se visti come monumenti, come eredità del passato e segni di una memoria collettiva da perpetuare possono entrare a far parte legittimamente dei documenti che lo storico porta come esempio, per una storia della civiltà più completa ed esauriente. L’importanza assegnata a questi particolari monumenti, più che a quelli generalmente assunti in virtù della loro firma o dell’appartenenza a una storia remota, è determinata dallo stretto rapporto esistente tra la fabbrica e la manodopera che vi lavorava, tra il paesaggio in cui questi elementi s’inserivano, i mezzi di comunicazione e il tempo della fabbrica, il ritmo del lavoro. La classe operaia non ha costruito testimonianza di sé poiché non ne aveva i mezzi, l’unica testimonianza rimasta è, dunque, quella che per essa è stata costruita, la fabbrica. Nella pubblicazione sono analizzate le forme del costruire ed i materiali della tradizione correlati e confrontati con le innovazione costruttive della prima metà del XX secolo, per consentire comparazioni e classificazioni alfine della formazione di un catalogo documentario per la valorizzazione e la salvaguardia di quegli elementi tecnologico-costruttivi che hanno tramandato fino ad oggi una memoria costruttiva episodica a volte, industriale in altre, che però partiva sempre da un vissuto territoriale caratterizzante. La metodologia di indagine si fonda sull'assunzione dei dati della complessità e atipicità degli elementi costruttivi orizzontali e rileva la catalogazione dei rapporti tipomorfologici, i materiali e le tecnologie costruttive, la documentazione, storico-bibliografica. A seguito della variazione delle condizioni storiche, economiche, sociali e culturali e delle prestazioni funzionali si è verificato spesso l’abbandono dei luoghi, il degrado dei manufatti architettonici e delle parti tecnologiche costituenti, la perdita complessiva della loro funzione sociale e del ruolo culturale. Inoltre oggi la constatazione è che manca la metodologia per una corretta azione tutoria specifica del patrimonio in oggetto per supportare una conoscenza scientifica del patrimonio edilizio e ambientale, con particolare attenzione al rapporto tra tecniche e materiali innovativi degli anni del primo novecento e tecniche e materiali tradizionali. Attenzione particolare viene posta al rapporto tra le tecniche innovative (utilizzo di nuovi materiali o nuovi sistemi di posa in opera di materiali tradizionali) degli anni del primo ‘900 e le tecniche tradizionali consolidate. La ricerca effettuata ha determinato che la produzione edilizia del primo novecento ha risentito di un processo innovativo pressoché continuo prima nell’utilizzo di materiali nuovi quali leganti cementizi e l’uso degli acciai da costruzione e successivamente nell’utilizzo di tecniche costruttive più complesse con criteri volti alla celerità della esecuzione. Tale processo documentato dalla produzione normativa e dalle realizzazioni del periodo è stato continuo con la sola interruzione dovuta al secondo conflitto mondiale. L’innovazione ha riguardato in una prima fase l’utilizzo di materiali nuovi per i quali si dovevano predisporre metodi di controllo ed accettazione mentre e nel dopo guerra l’innovazione è stata rivolta maggiormente alle tecniche di produzione edilizia nella direzione dell’aumento della velocità di produzione dei manufatti; come riscontrato dalla attenzione riscontrata, nei documenti, alla organizzazione del cantiere e nell’utilizzo di elementi quali il SAP e il notevole numero di sistemi simili. Il Vignola non si preoccupa di finestre, bensì di “intrafinestre” (pilasti e colonne). Io devignolizzo dicendo: l’Architettura significa solai illuminati. (Le Corbusier, 1929) L'obiettivo è stato quello di affrontare il tema del recupero e della valorizzazione di ambiti fortemente caratterizzati da sperimentazione di tecniche costruttive del Moderno e tende a realizzare un abaco delle tecnologie edilizie utilizzate individuando gli effetti dell’ “innovazione”, prima tecnologica poi normativa, sulle realizzazioni. La presenza nel territorio di un patrimonio costituito da complessi insediativi di edilizia minore e di emergenze architettoniche specialistiche legato all’economia e alla produzione (Mulini, centrali Idroelettriche, stazioni ferroviarie e case cantoniere, caserme, attività sociali e servizi), caratterizzato dalla sperimentazione delle tecniche costruttive moderne o da nuove tecniche di posa in opera con materiali tradizionali, poco conosciute e per nulla studiate e valorizzate, è il fattore trainante della pubblicazione. L'obiettivo dell'attività di ricerca è la valorizzazione e la conoscenza dei manufatti e dei nuclei fondativi in un ambito culturale più generale del recupero di un frammento di un "mosaico" che è costituito dalle complesse vicende storiche della civiltà del Mezzogiorno. La ricerca si riferisce a quella parte del patrimonio storico-culturale, architettonico ed ambientale che sembra aver perduto con il tempo il proprio ruolo riconoscibile. E' evidente che non ci riferiamo alla funzione, ma al ruolo socio culturale che questi manufatti hanno avuto nel passato e soprattutto al ruolo architettonico in senso lato. Qualsiasi siano i motivi di tale degrado o abbandono, si tratta di manufatti che "per essere di nuovo" suppongono una risposta architettonica, un vero e proprio progetto di analisi finalizzato al recupero e alla valorizzazione. Al degrado, all'abbandono, all'incompiutezza e alla relativa estraneità alla vita quotidiana, corrisponde una nuova disponibilità, una virtualità dei manufatti come architetture da "recuperare". Virtualità che si esprime non solo rispetto a come essi erano di fronte ai problemi originali, ma a come potrebbero essere "di nuovo" di fronte a nuovi problemi e a nuove opportunità. In realtà, si dovrebbe mettere in evidenza il rapporto che quasi sempre vi è tra isolamento e degrado: e la possibilità di contemperare la tutela con usi regolamentati. Importanti sono i rapporti concettuali fisici fra materiali antichi e materiali contemporanei, per controllarne meglio l'introduzione e la compatibilità. La catalogazione per la definizione di un abaco dei materiali e degli elementi costruttivi storici, non tralascia la considerazione dei significati profondi e simbolici dei materiali, delle tecniche e delle forme architettoniche provenienti dalla struttura storicamente stratificata. L'interruzione della produzione artigianale locale di molti materiali costruttivi storici (pietra, legno. ferro. ecc.), l'indisponibilità in loco, gli alti costi di approvvigionamento da fonti alternative, impongono una revisione strategica della problematica dei progetti a livello locale. Questo obiettivo della ricerca propone risposte certe circa l'impiego nel processo di recupero di materiali locali disponibili, con caratteristiche tecniche analoghe a quelli storicizzati per una integrazione e la sostituzione degli stessi. Conseguentemente l'aspetto manualistico della ricerca non può prescindere dall'elaborazione ed integrazione della normativa prescrittiva dell'impiego e della lavorazione dei materiali locali, sulla gamma delle variazioni previste dai temi imposti nella casistica dei restauro conservativo. L'aumentata e diffusa sensibilità per il riconoscimento, il recupero e la tutela degli ambienti storici, accentuano l'urgenza strategica di disporre di una metodologia e di una strumentazione d'intervento specifica e locale, come risposta alta e qualificata ai temi attuali del recupero ambientale e architettonico.
2016
9788849233025
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_L'Architettura del grano a Materail Mulino Alvino.Frammenti di tecnologie costruttive del 900_Estratto CAPITOLO DI LIBRO_2016_ridotto.pdf

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