Convention on Biological Diversity (CBD) individua nelle specie aliene o invasive una grave minaccia per la conservazione della biodiversità. Inoltre, le specie invasive possono risultare dei driver diretti del cambiamento degli ecosistemi e quindi dei servizi legati al benessere umano. Infatti, negli ultimi decenni si è delineato un graduale passaggio al concetto di Servizi Ecosistemici (ES) e al problema della sua misurabilità in termini fisici e monetari. Questo anche al fine di un progressivo coinvolgimento nei meccanismi di decisione economica e pianificazione strategica. Nell’elenco redatto dall’IUCN delle cento specie animali e vegetali più invasive al mondo rientra anche il cinghiale (Sus scrofa L.). Indigena dell’Europa occidentale e del Nord Africa, ha avuto un notevole aumento nella distribuzione e nella popolazione, anche grazie ad una combinazione di fattori, tra cui la riduzione degli abitanti delle aree rurali, i cambiamenti nelle pratiche agricole, le reintroduzioni a scopi faunistico-venatori, la riduzione dei predatori naturali e dei cacciatori, ecc.. Diversi studi hanno evidenziato come il cinghiale può influenzare notevolmente la struttura delle comunità vegetali e animali e, più in generale, degli ecosistemi. Il presente studio ha l’obiettivo di valutare, attraverso un’analisi costi-benefici, le alternative di gestione della specie, quale strumento per mitigarne gli impatti nelle aree più vulnerabili. Da un punto di vista metodologico e per una uniformità nelle analisi condotte, la valutazione ambientale dei danni, nonché di servizi ambientali sono state condotte in termini monetari, garantendo la sostituibilità tra SE e beni e servizi utili per l’uomo. In particolare, in tale studio si è ricorso al metodo del Benefit Transfer (BT). Tale metodo permette, nel rispetto del “principio di similarità”, di trasporre i valori stimati in altre ricerche verso le aree che si intende valutare. Partendo da un’analisi condotta nel territorio della Basilicata è risultato che le aree più vulnerabili sono state selezionate a partire dall’integrazione di tre strati informativi: il primo delinea la distribuzione sul territorio degli habitat più idonei alla specie; il secondo indentifica quelle porzioni di territorio che, sulla base di parametri trofici e territoriali, possono concorrere a definire il raggio di azione della specie; il terzo impiega la Carta della Natura realizzata dall’ISPRA per circoscrivere ulteriormente le aree a maggiore vulnerabilità ambientale. A partire dalla mappatura geografica dei predetti strati informativi è stato possibile ottenere informazioni spaziali circa la sensibilità/vulnerabilità delle aree al danno prodotta dal cinghiale. Il risultato è confrontato con i costi necessari al controllo ed alla gestione della specie invasiva. Dal confronto si evidenzia una consistente differenza dei costi ambientali rispetto ai costi di intervento per il controllo della popolazione. L’analisi condotta, avendo natura spaziale, offre la possibilità di determinare analiticamente, per ciascun ambito territoriale, le più opportune linee di intervento.

GLI IMPATTI DELLE SPECIE INVASIVE SULLA BIODIVERSITÀ, SUI SERVIZI ECOSISTEMICI E SULLE ATTIVITÀ ECONOMICHE: IL CASO DEI DANNI DA CINGHIALE (SUS SCROFA)

PRETE, CARMELINA;COZZI, Mario;ROMANO, Severino
2016-01-01

Abstract

Convention on Biological Diversity (CBD) individua nelle specie aliene o invasive una grave minaccia per la conservazione della biodiversità. Inoltre, le specie invasive possono risultare dei driver diretti del cambiamento degli ecosistemi e quindi dei servizi legati al benessere umano. Infatti, negli ultimi decenni si è delineato un graduale passaggio al concetto di Servizi Ecosistemici (ES) e al problema della sua misurabilità in termini fisici e monetari. Questo anche al fine di un progressivo coinvolgimento nei meccanismi di decisione economica e pianificazione strategica. Nell’elenco redatto dall’IUCN delle cento specie animali e vegetali più invasive al mondo rientra anche il cinghiale (Sus scrofa L.). Indigena dell’Europa occidentale e del Nord Africa, ha avuto un notevole aumento nella distribuzione e nella popolazione, anche grazie ad una combinazione di fattori, tra cui la riduzione degli abitanti delle aree rurali, i cambiamenti nelle pratiche agricole, le reintroduzioni a scopi faunistico-venatori, la riduzione dei predatori naturali e dei cacciatori, ecc.. Diversi studi hanno evidenziato come il cinghiale può influenzare notevolmente la struttura delle comunità vegetali e animali e, più in generale, degli ecosistemi. Il presente studio ha l’obiettivo di valutare, attraverso un’analisi costi-benefici, le alternative di gestione della specie, quale strumento per mitigarne gli impatti nelle aree più vulnerabili. Da un punto di vista metodologico e per una uniformità nelle analisi condotte, la valutazione ambientale dei danni, nonché di servizi ambientali sono state condotte in termini monetari, garantendo la sostituibilità tra SE e beni e servizi utili per l’uomo. In particolare, in tale studio si è ricorso al metodo del Benefit Transfer (BT). Tale metodo permette, nel rispetto del “principio di similarità”, di trasporre i valori stimati in altre ricerche verso le aree che si intende valutare. Partendo da un’analisi condotta nel territorio della Basilicata è risultato che le aree più vulnerabili sono state selezionate a partire dall’integrazione di tre strati informativi: il primo delinea la distribuzione sul territorio degli habitat più idonei alla specie; il secondo indentifica quelle porzioni di territorio che, sulla base di parametri trofici e territoriali, possono concorrere a definire il raggio di azione della specie; il terzo impiega la Carta della Natura realizzata dall’ISPRA per circoscrivere ulteriormente le aree a maggiore vulnerabilità ambientale. A partire dalla mappatura geografica dei predetti strati informativi è stato possibile ottenere informazioni spaziali circa la sensibilità/vulnerabilità delle aree al danno prodotta dal cinghiale. Il risultato è confrontato con i costi necessari al controllo ed alla gestione della specie invasiva. Dal confronto si evidenzia una consistente differenza dei costi ambientali rispetto ai costi di intervento per il controllo della popolazione. L’analisi condotta, avendo natura spaziale, offre la possibilità di determinare analiticamente, per ciascun ambito territoriale, le più opportune linee di intervento.
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