«È l’ora trepida delle armi». Da tale espressione, ripetuta per ben due volte dal vescovo di Potenza e Marsico, Roberto Achille Razzòli, in una notificazione indirizzata il 3 giugno 1915 al clero e al popolo delle due Diocesi unite, si è voluto trarre il titolo principale per la mostra documentaria realizzata dall’Archivio di Stato di Potenza per rievocare la Grande guerra a cento anni dall’ingresso dell’Italia nel conflitto. Una iniziativa culturale, dunque, pensata e voluta non certo con il fine di celebrare il “grande evento” del passato. Non c’è nulla da celebrare, ieri come oggi, dinanzi al dramma che trasformò in numeri le tante vite umane perdute nell’abisso di un orrore inenarrabile, di una “strage inutile”. Al contrario, la mostra documentaria intende fare memoria di tutte queste vite, in particolare di quelle degli oltre settemila soldati lucani che caddero, ricoperti dal fango e dalla terra di una trincea oppure in un ospedale da campo, tra i dolori insopportabili di atroci ferite. Rubando l’espressione usata dal capitano medico di Ruoti Giovanni Buccico nel suo diario di guerra, è a queste migliaia di “poveri, umili, sconosciuti eroi” che intende volgersi il nostro sforzo di memoria. Nello stesso tempo, il percorso documentario intende far luce anche sulle fatiche, le sofferenze e le lotte di chi rimase a casa. Il conflitto, difatti, ebbe ripercussioni fortissime oltre che sulla vita dei familiari dei numerosi soldati partiti per il fronte, anche su quella della popolazione lucana nel suo complesso. L’evento bellico, inoltre, con l’arrivo in provincia dei tanti profughi e soprattutto dei prigionieri, giunse quasi a lambire il suolo lucano, trasformandolo nelle quinte teatrali di una battaglia ben più terribile e temibile.
L’ora trepida delle armi. La Basilicata e la Grande guerra nei documenti d’archivio
VERRASTRO, DONATO;
2015-01-01
Abstract
«È l’ora trepida delle armi». Da tale espressione, ripetuta per ben due volte dal vescovo di Potenza e Marsico, Roberto Achille Razzòli, in una notificazione indirizzata il 3 giugno 1915 al clero e al popolo delle due Diocesi unite, si è voluto trarre il titolo principale per la mostra documentaria realizzata dall’Archivio di Stato di Potenza per rievocare la Grande guerra a cento anni dall’ingresso dell’Italia nel conflitto. Una iniziativa culturale, dunque, pensata e voluta non certo con il fine di celebrare il “grande evento” del passato. Non c’è nulla da celebrare, ieri come oggi, dinanzi al dramma che trasformò in numeri le tante vite umane perdute nell’abisso di un orrore inenarrabile, di una “strage inutile”. Al contrario, la mostra documentaria intende fare memoria di tutte queste vite, in particolare di quelle degli oltre settemila soldati lucani che caddero, ricoperti dal fango e dalla terra di una trincea oppure in un ospedale da campo, tra i dolori insopportabili di atroci ferite. Rubando l’espressione usata dal capitano medico di Ruoti Giovanni Buccico nel suo diario di guerra, è a queste migliaia di “poveri, umili, sconosciuti eroi” che intende volgersi il nostro sforzo di memoria. Nello stesso tempo, il percorso documentario intende far luce anche sulle fatiche, le sofferenze e le lotte di chi rimase a casa. Il conflitto, difatti, ebbe ripercussioni fortissime oltre che sulla vita dei familiari dei numerosi soldati partiti per il fronte, anche su quella della popolazione lucana nel suo complesso. L’evento bellico, inoltre, con l’arrivo in provincia dei tanti profughi e soprattutto dei prigionieri, giunse quasi a lambire il suolo lucano, trasformandolo nelle quinte teatrali di una battaglia ben più terribile e temibile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.