Il saggio esamina le notizie relative alla esistenza in età medievale di una chiesa o comunità monastica dedicata a S. Ippolito nel cratere lacustre del Vulture. Si dimostra come vi sia coerente testimonianza di un culto, di una chiesa e di una comunità latina con costante dedicazione micaelica a partire dal X secolo, che si insediò nella più accogliente zona pianeggiante posta tra i due laghi e mantenere da qui il controllo del culto micaelico che si praticava poco più in alto nella grotta. Il monastero entrò in crisi a partire dalla fine del XIII secolo, per essere affidato ad abati commendatari a partire dal 1440 e le fabbriche monastiche in un momento imprecisato caddero in totale rovina, a differenza dello speco in grotta che continuò ad essere oggetto di devozione popolare. Agli inizi del XVII secolo il cardinale Federico Borromeo chiamò a ripopolare il sito una piccola comunità di frati Cappuccini, i quali preferirono abbandonare completamente gli edifici sull’istmo, evidentemente non più recuperabili, e costruire nuove celle sul fianco del monte intorno alla grotta micaelica; si trattava di una innovazione che valorizzava ulteriormente la vocazione micaelica del sito, ma rappresentava una cesura con l’insediamento precedente, pur intitolato all’arcangelo Michele. Per evitare che la nuova comunità cappuccina nel nuovo sito sulla montagna perdesse qualsiasi legame di continuità con la precedente abbazia benedettina sul lago si esaltò una tenue tradizione cultuale legata a s. Ippolito attribuendo questa dedicazione all’intero complesso monastico sull’istmo e creando l'equivoco moderno della esistenza di una antica comunità monastica di S. Ippolito.
Il vantaggio di chiamarlo Ippolito: note sulla intitolazione dell’Abbazia di Monticchio (PZ).
PANARELLI, Francesco
2016-01-01
Abstract
Il saggio esamina le notizie relative alla esistenza in età medievale di una chiesa o comunità monastica dedicata a S. Ippolito nel cratere lacustre del Vulture. Si dimostra come vi sia coerente testimonianza di un culto, di una chiesa e di una comunità latina con costante dedicazione micaelica a partire dal X secolo, che si insediò nella più accogliente zona pianeggiante posta tra i due laghi e mantenere da qui il controllo del culto micaelico che si praticava poco più in alto nella grotta. Il monastero entrò in crisi a partire dalla fine del XIII secolo, per essere affidato ad abati commendatari a partire dal 1440 e le fabbriche monastiche in un momento imprecisato caddero in totale rovina, a differenza dello speco in grotta che continuò ad essere oggetto di devozione popolare. Agli inizi del XVII secolo il cardinale Federico Borromeo chiamò a ripopolare il sito una piccola comunità di frati Cappuccini, i quali preferirono abbandonare completamente gli edifici sull’istmo, evidentemente non più recuperabili, e costruire nuove celle sul fianco del monte intorno alla grotta micaelica; si trattava di una innovazione che valorizzava ulteriormente la vocazione micaelica del sito, ma rappresentava una cesura con l’insediamento precedente, pur intitolato all’arcangelo Michele. Per evitare che la nuova comunità cappuccina nel nuovo sito sulla montagna perdesse qualsiasi legame di continuità con la precedente abbazia benedettina sul lago si esaltò una tenue tradizione cultuale legata a s. Ippolito attribuendo questa dedicazione all’intero complesso monastico sull’istmo e creando l'equivoco moderno della esistenza di una antica comunità monastica di S. Ippolito.File | Dimensione | Formato | |
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