Il biodeterioramento del nostro patrimonio culturale è il risultato dell’azione combinata di diversi agenti quali alghe, cianobatteri, batteri e funghi unicellulari e filamentosi, organismi che svolgono un ruolo importante nella trasformazione strutturale dei monumenti di pietra, provocando ingenti danni estetici, fisici e chimici (Lamenti et al. 2000, Crispim & Gaylarde 2005) I tentativi di eliminazione dei biodeteriogeni devono, naturalmente, essere preceduti da un’approfondita valutazione della biodiversità presente sul manufatto artistico/storico, dei rischi per la conservazione dell’opera stessa, e del suo valore storico-ambientale, non trascurando le previsioni di durata temporale dell’effetto dell’intervento. I metodi più semplici per la rimozione dei biodeteriogeni sono quelli meccanici, fisici, chimici. Attualmente, nell’ottica di salvaguardia dell’ambiente e della salute umana, sono sperimentati metodi biologici che utilizzano sia specie parassite e antagoniste dei biodeteriogeni sia prodotti del metabolismo secondario di microorganismi e/o di piante. In questo lavoro è stata testata in vitro la bio-attività di metaboliti secondari prodotti da Trichoderma harzianum (strain T-22) e Trichoderma asperellum (strain B1) e da Cannabis sativa varietà Futura su colonie batteriche (genere Bacillus) e fungine (Rhizoctonia solani e Fusarium oxysporum) colonizzatrici di due ponti siti in Potenza e provincia. Entrambi gli strain di T. harzianum e T. asperellum hanno evidenziato la loro bioattività: T. harzianum in generale è più aggressivo del T. Asperellum sia contro i batteri sia contro i funghi. Gli estratti di C. sativa hanno evidenziato una maggiore attività inibitoria verso le colonie batteriche rispetto alle fungine, confermando quanto riportato in letteratura (Ali, Esra et al, 2012) Questi risultati possono aprire interessanti prospettive sulla possibilità di utilizzare bio-materiali per la formulazione di eventuali prodotti commerciali. Tali formulati avrebbero il vantaggio di essere meno pericolosi dei biocidi di sintesi per la salute dell’uomo e degli animali, di non avere impatto ambientale negativo, di essere bio-degradabili, ed in più di essere compatibili con i materiali utilizzati nella costruzione delle opere d’interesse storico-culturale.

Utilizzo virtuoso di biocidi naturali nella conservazione dei manufatti d’interesse storico-culturale

SCRANO, Laura;MILELLA, LUIGI;F. Lelario;M. G. Bonomo;BUFO, Sabino Aurelio
2014-01-01

Abstract

Il biodeterioramento del nostro patrimonio culturale è il risultato dell’azione combinata di diversi agenti quali alghe, cianobatteri, batteri e funghi unicellulari e filamentosi, organismi che svolgono un ruolo importante nella trasformazione strutturale dei monumenti di pietra, provocando ingenti danni estetici, fisici e chimici (Lamenti et al. 2000, Crispim & Gaylarde 2005) I tentativi di eliminazione dei biodeteriogeni devono, naturalmente, essere preceduti da un’approfondita valutazione della biodiversità presente sul manufatto artistico/storico, dei rischi per la conservazione dell’opera stessa, e del suo valore storico-ambientale, non trascurando le previsioni di durata temporale dell’effetto dell’intervento. I metodi più semplici per la rimozione dei biodeteriogeni sono quelli meccanici, fisici, chimici. Attualmente, nell’ottica di salvaguardia dell’ambiente e della salute umana, sono sperimentati metodi biologici che utilizzano sia specie parassite e antagoniste dei biodeteriogeni sia prodotti del metabolismo secondario di microorganismi e/o di piante. In questo lavoro è stata testata in vitro la bio-attività di metaboliti secondari prodotti da Trichoderma harzianum (strain T-22) e Trichoderma asperellum (strain B1) e da Cannabis sativa varietà Futura su colonie batteriche (genere Bacillus) e fungine (Rhizoctonia solani e Fusarium oxysporum) colonizzatrici di due ponti siti in Potenza e provincia. Entrambi gli strain di T. harzianum e T. asperellum hanno evidenziato la loro bioattività: T. harzianum in generale è più aggressivo del T. Asperellum sia contro i batteri sia contro i funghi. Gli estratti di C. sativa hanno evidenziato una maggiore attività inibitoria verso le colonie batteriche rispetto alle fungine, confermando quanto riportato in letteratura (Ali, Esra et al, 2012) Questi risultati possono aprire interessanti prospettive sulla possibilità di utilizzare bio-materiali per la formulazione di eventuali prodotti commerciali. Tali formulati avrebbero il vantaggio di essere meno pericolosi dei biocidi di sintesi per la salute dell’uomo e degli animali, di non avere impatto ambientale negativo, di essere bio-degradabili, ed in più di essere compatibili con i materiali utilizzati nella costruzione delle opere d’interesse storico-culturale.
2014
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