Questo contributo è finalizzato a fornire una definizione della nozione di “Comunità di Pratica” e ad illustrare i caratteri fondanti di quest’ultima, nonché le procedure generalmente richieste per organizzarla e gestirla e i requisiti che essa deve possedere per poter risultare efficiente ed efficace. La definizione proposta richiama sostanzialmente l’impostazione di Wenger (1998), secondo il quale una comunità, costituita da un insieme di individui, assume il carattere di “comunità di pratica” allorché tra i suoi membri viene contratto un mutuo impegno, determinato dall’essere associati nello svolgimento di un’impresa comune. Le comunità di pratica hanno generalmente quale scopo la soluzione di problemi comuni o la condivisione di esperienze e casistiche, utili nell’esercizio di un’attività professionale. Sovente la loro attività è pertanto orientata a fornire ai membri della comunità opportunità significative di aggiornamento professionale e formazione continua. Le comunità di pratica sono quindi di norma formate da soggetti adulti impegnati in ruoli professionali che richiedono continue revisioni delle competenze e processi di riqualificazione. Essendo i processi e percorsi di apprendimento volti a tali scopi in larga parte definiti in modo autonomo, al pari delle decisioni relative alle condotte finalizzate al raggiungimento degli obiettivi specifici perseguiti attraverso l’attività professionale, i membri di una comunità di pratica determinano i loro modi di agire modellandoli in ragione delle esperienze già conseguite e della rilevanza attribuita a specifiche procedure e funzioni connesse all’attività svolta. La motivazione ad apprendere di questa categoria di soggetti è quindi largamente legata a variabili di natura eminentemente soggettiva e sovente limitata da vincoli familiari e sociali, dalla scarsità di tempo, da difficoltà organizzative e talora da scarsità di interesse spontaneo per gli argomenti legati alle esigenze di approfondimento emerse dalla pratica professionale (Knowles, 1984). In conseguenza di ciò, la formazione continua di questa categoria di soggetti trova particolare efficacia nell’avvalersi di modelli di apprendimento sostanzialmente alternativi a quelli inseriti in percorsi di natura più formale, i quali, normalmente, prevedono strutture organizzative vincolanti e obiettivi formativi rigidamente fissati a priori e spesso slegati da bisogni formativi specifici e concreti e perciò inevitabilmente generici. Le comunità di pratica costituiscono un valido modello di riferimento per la creazione di percorsi di carattere meno formale ed ancorati a pratiche di comunicazione e processi di condivisione delle informazioni e delle esperienze già consolidati. Il tipo di apprendimento sviluppato in una comunità di pratica, infatti, trova fondamento nella teoria sociale dell’apprendimento, la quale assume, fra l’altro, che il “conoscere” implica la partecipazione al compimento di una impresa, ed utilizza modalità didattiche che trovano nella rete - intesa sia come spazio virtuale di incontro sia quale spazio fisico di supporto alla comunicazione - il sostrato e il veicolo necessario al loro sviluppo (Wenger, McDermott, Snyder, 2002). L’apprendimento mutuato e situato, che rappresenta una delle modalità principali di perfezionamento delle competenze e di soluzione di situazioni critiche nell’esercizio dell’attività professionale, occupa una posizione centrale nell’approccio su cui si fonda una comunità di pratica. La cooperazione fra pari in un certo contesto professionale però, secondo tale orientamento metodologico, non deve limitarsi alla semplice creazione di basi di dati e alla mera circolazione delle informazioni, ma deve risultare fondato anche su modelli di condivisione e cooperazione per la creazione di valore. In tale prospettiva, particolare efficacia ha rivelato l’introduzione del neologismo “co-opetition” (Brandeburger, Nalebuff, 1996), volto a coniugare indissolubilmente i concetti della cooperazione per la creazione di valore e della competizione per lo sfruttamento del valore creato. Le attività di una comunità di pratica possono anche essere realizzate on-line, formula che trova crescente impiego nella pratica formativa, tramite l’uso di piattaforme dedicate, la cui progettazione prende di norma spunto da una attenta analisi dei tipi di scambi di conoscenza che possono avere luogo al suo interno. Tale piattaforma, nella generalità dei casi, dovrebbe prevedere sia una sezione pubblica, con accesso da parte di utenti anonimi, in cui risulti accessibile a tutti una descrizione generica delle attività della comunità di pratica, sia una sezione privata, con accesso riservato a chi ne è autorizzato, per la partecipazione attiva alla comunità. Come sostiene Midoro (2002, p. 10), “se è vero che l’apprendimento cooperativo è soltanto uno degli infiniti modi di apprendere e la formazione in rete uno dei tanti modi di fare formazione a distanza, è anche vero che l’apprendimento cooperativo provoca profonde trasformazioni nelle identità di chi vi è coinvolto e i sistemi on line, su di esso basati, hanno aperto nuove frontiere nel mondo della formazione a distanza”. References Branderburger, A., & Nalebuff, B. (1996). Co-opetition. A revolutionary mindset that combines competition and cooperation. New York: Bantam Doubleday Dell Publishing Group. Knowles, M. (1984). Andragogy in Action. San Francisco: Jossey-Bass. Midoro, V. (2002). Dalle comunità di pratica alle comunità di apprendimento virtuali. Tecnologie Didattiche, 25, n. 1, 3-10. Manca, S., & Sarti, L. (2002). Comunità virtuali per l’apprendimento e nuove Tecnologie. Tecnologie Didattiche, 25, n. 1, 12-15. Slavin, R.E. (1990). Cooperative learning: theory, research and practice. New Jersey: Prentice hall. Trentin, G. (2000). Dalla formazione a distanza alle comunità di pratica attraverso l’apprendimento in rete. Tecnologie Didattiche, 20, 21-29. Wenger, E. (1998). Community of practice. Cambridge: Cambridge University press. Wenger, E., McDermott, R., & Snyder, W.M. (2002). Cultivating Communities of Practice. A guide to managing knowledge. Harvard Business School Press.

Cooperative Learning through Communities of Practice

LASTRUCCI, Emilio;
2010-01-01

Abstract

Questo contributo è finalizzato a fornire una definizione della nozione di “Comunità di Pratica” e ad illustrare i caratteri fondanti di quest’ultima, nonché le procedure generalmente richieste per organizzarla e gestirla e i requisiti che essa deve possedere per poter risultare efficiente ed efficace. La definizione proposta richiama sostanzialmente l’impostazione di Wenger (1998), secondo il quale una comunità, costituita da un insieme di individui, assume il carattere di “comunità di pratica” allorché tra i suoi membri viene contratto un mutuo impegno, determinato dall’essere associati nello svolgimento di un’impresa comune. Le comunità di pratica hanno generalmente quale scopo la soluzione di problemi comuni o la condivisione di esperienze e casistiche, utili nell’esercizio di un’attività professionale. Sovente la loro attività è pertanto orientata a fornire ai membri della comunità opportunità significative di aggiornamento professionale e formazione continua. Le comunità di pratica sono quindi di norma formate da soggetti adulti impegnati in ruoli professionali che richiedono continue revisioni delle competenze e processi di riqualificazione. Essendo i processi e percorsi di apprendimento volti a tali scopi in larga parte definiti in modo autonomo, al pari delle decisioni relative alle condotte finalizzate al raggiungimento degli obiettivi specifici perseguiti attraverso l’attività professionale, i membri di una comunità di pratica determinano i loro modi di agire modellandoli in ragione delle esperienze già conseguite e della rilevanza attribuita a specifiche procedure e funzioni connesse all’attività svolta. La motivazione ad apprendere di questa categoria di soggetti è quindi largamente legata a variabili di natura eminentemente soggettiva e sovente limitata da vincoli familiari e sociali, dalla scarsità di tempo, da difficoltà organizzative e talora da scarsità di interesse spontaneo per gli argomenti legati alle esigenze di approfondimento emerse dalla pratica professionale (Knowles, 1984). In conseguenza di ciò, la formazione continua di questa categoria di soggetti trova particolare efficacia nell’avvalersi di modelli di apprendimento sostanzialmente alternativi a quelli inseriti in percorsi di natura più formale, i quali, normalmente, prevedono strutture organizzative vincolanti e obiettivi formativi rigidamente fissati a priori e spesso slegati da bisogni formativi specifici e concreti e perciò inevitabilmente generici. Le comunità di pratica costituiscono un valido modello di riferimento per la creazione di percorsi di carattere meno formale ed ancorati a pratiche di comunicazione e processi di condivisione delle informazioni e delle esperienze già consolidati. Il tipo di apprendimento sviluppato in una comunità di pratica, infatti, trova fondamento nella teoria sociale dell’apprendimento, la quale assume, fra l’altro, che il “conoscere” implica la partecipazione al compimento di una impresa, ed utilizza modalità didattiche che trovano nella rete - intesa sia come spazio virtuale di incontro sia quale spazio fisico di supporto alla comunicazione - il sostrato e il veicolo necessario al loro sviluppo (Wenger, McDermott, Snyder, 2002). L’apprendimento mutuato e situato, che rappresenta una delle modalità principali di perfezionamento delle competenze e di soluzione di situazioni critiche nell’esercizio dell’attività professionale, occupa una posizione centrale nell’approccio su cui si fonda una comunità di pratica. La cooperazione fra pari in un certo contesto professionale però, secondo tale orientamento metodologico, non deve limitarsi alla semplice creazione di basi di dati e alla mera circolazione delle informazioni, ma deve risultare fondato anche su modelli di condivisione e cooperazione per la creazione di valore. In tale prospettiva, particolare efficacia ha rivelato l’introduzione del neologismo “co-opetition” (Brandeburger, Nalebuff, 1996), volto a coniugare indissolubilmente i concetti della cooperazione per la creazione di valore e della competizione per lo sfruttamento del valore creato. Le attività di una comunità di pratica possono anche essere realizzate on-line, formula che trova crescente impiego nella pratica formativa, tramite l’uso di piattaforme dedicate, la cui progettazione prende di norma spunto da una attenta analisi dei tipi di scambi di conoscenza che possono avere luogo al suo interno. Tale piattaforma, nella generalità dei casi, dovrebbe prevedere sia una sezione pubblica, con accesso da parte di utenti anonimi, in cui risulti accessibile a tutti una descrizione generica delle attività della comunità di pratica, sia una sezione privata, con accesso riservato a chi ne è autorizzato, per la partecipazione attiva alla comunità. Come sostiene Midoro (2002, p. 10), “se è vero che l’apprendimento cooperativo è soltanto uno degli infiniti modi di apprendere e la formazione in rete uno dei tanti modi di fare formazione a distanza, è anche vero che l’apprendimento cooperativo provoca profonde trasformazioni nelle identità di chi vi è coinvolto e i sistemi on line, su di esso basati, hanno aperto nuove frontiere nel mondo della formazione a distanza”. References Branderburger, A., & Nalebuff, B. (1996). Co-opetition. A revolutionary mindset that combines competition and cooperation. New York: Bantam Doubleday Dell Publishing Group. Knowles, M. (1984). Andragogy in Action. San Francisco: Jossey-Bass. Midoro, V. (2002). Dalle comunità di pratica alle comunità di apprendimento virtuali. Tecnologie Didattiche, 25, n. 1, 3-10. Manca, S., & Sarti, L. (2002). Comunità virtuali per l’apprendimento e nuove Tecnologie. Tecnologie Didattiche, 25, n. 1, 12-15. Slavin, R.E. (1990). Cooperative learning: theory, research and practice. New Jersey: Prentice hall. Trentin, G. (2000). Dalla formazione a distanza alle comunità di pratica attraverso l’apprendimento in rete. Tecnologie Didattiche, 20, 21-29. Wenger, E. (1998). Community of practice. Cambridge: Cambridge University press. Wenger, E., McDermott, R., & Snyder, W.M. (2002). Cultivating Communities of Practice. A guide to managing knowledge. Harvard Business School Press.
2010
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