Il 28 gennaio 1319 Iacopo Stefaneschi indirizzava ai religiosi viri del monastero di Santo Spirito di Sulmona una lettera che accompagnava l’invio di un manoscritto – ora perduto – della sua opera che generalmente viene chiamata Opus metricum, perché venisse conservato in quel luogo. Quella lettera, pur se relativa al dono di un determinato manoscritto, si configura, tuttavia, come una dedica dei tre testi che quel manoscritto conteneva: il cosiddetto Opus metricum, infatti, è costituito dalla giustapposizione di tre opere, composte in momenti e in contesti molto diversi, ma successivamente rielaborate e riorganizzate nella forma e nella struttura definitive ravvisabili nel codice donato al monastero di Sulmona. La lettera di dedica, stabilendo precisi vincoli sul modo in cui il manoscritto dovesse essere conservato e imponendo che esso dovesse essere ricopiato minuziosamente e integralmente (comprese le annotazioni e le glosse), ci fa comprendere, pertanto, che Stefaneschi – rivelando piena e compiuta autoconsapevolezza di auctor – voleva che le tre sezioni, originariamente autonome, venissero considerate come strettamente interrelate tra loro, fino a costituire un’opera strutturalmente unitaria. On 28 January 1319, Iacopo Stefaneschi sent a letter to the religiosi viri of the monastery of Holy Spirit of Sulmona: it accompanied the sending of a manuscript – now lost – of his work, which is generally called Opus metricum, and asked that it could be kept in that place. That letter, even if it is connected with the gift of a particular manuscript, appears to be a dedication of the three texts that the manuscript contained. The so-called Opus metricum, in fact, is composed of the juxtaposition of three works, written in quite different times and contexts, but subsequently revised and restructured into the final version in the codex given to the Monastery of Sulmona. The letter of dedication, setting precise constraints on the way in which the manuscript was to be kept and imposing that it should be recopied meticulously and fully (including annotations and glosses), allows us to understand that Stefaneschi – showing full and complete self-consciousness that he was an auctor – wanted the three originally autonomous sections to be considered as closely interrelated, creating a structurally uniform work.

La dedica del cosiddetto Opus metricum di Iacopo Stefaneschi

DELLE DONNE, FULVIO
2010-01-01

Abstract

Il 28 gennaio 1319 Iacopo Stefaneschi indirizzava ai religiosi viri del monastero di Santo Spirito di Sulmona una lettera che accompagnava l’invio di un manoscritto – ora perduto – della sua opera che generalmente viene chiamata Opus metricum, perché venisse conservato in quel luogo. Quella lettera, pur se relativa al dono di un determinato manoscritto, si configura, tuttavia, come una dedica dei tre testi che quel manoscritto conteneva: il cosiddetto Opus metricum, infatti, è costituito dalla giustapposizione di tre opere, composte in momenti e in contesti molto diversi, ma successivamente rielaborate e riorganizzate nella forma e nella struttura definitive ravvisabili nel codice donato al monastero di Sulmona. La lettera di dedica, stabilendo precisi vincoli sul modo in cui il manoscritto dovesse essere conservato e imponendo che esso dovesse essere ricopiato minuziosamente e integralmente (comprese le annotazioni e le glosse), ci fa comprendere, pertanto, che Stefaneschi – rivelando piena e compiuta autoconsapevolezza di auctor – voleva che le tre sezioni, originariamente autonome, venissero considerate come strettamente interrelate tra loro, fino a costituire un’opera strutturalmente unitaria. On 28 January 1319, Iacopo Stefaneschi sent a letter to the religiosi viri of the monastery of Holy Spirit of Sulmona: it accompanied the sending of a manuscript – now lost – of his work, which is generally called Opus metricum, and asked that it could be kept in that place. That letter, even if it is connected with the gift of a particular manuscript, appears to be a dedication of the three texts that the manuscript contained. The so-called Opus metricum, in fact, is composed of the juxtaposition of three works, written in quite different times and contexts, but subsequently revised and restructured into the final version in the codex given to the Monastery of Sulmona. The letter of dedication, setting precise constraints on the way in which the manuscript was to be kept and imposing that it should be recopied meticulously and fully (including annotations and glosses), allows us to understand that Stefaneschi – showing full and complete self-consciousness that he was an auctor – wanted the three originally autonomous sections to be considered as closely interrelated, creating a structurally uniform work.
2010
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