L’architettura, come forma di pensiero sulla delimitazione, preesiste a quella particolare organizzazione insediativa che chiamiamo città. Semmai c’è un modo di definirsi di quest’ultima che solo grazie all’architettura degli edifici riesce a contemperare tanto le forme di limitazione del costruire quanto le esigenze di apertura al mondo. Il libro è la storia di questo modo e si propone per due livelli di lettura. Il primo accessibile a tutti coloro che, interessandosi alla città, vogliano servirsi nel proprio campo (antropologico, filosofico, ambientalistico, geografico, storico, urbanistico, ingegneristico e normativo) di un contributo di conoscenze proveniente da una disciplina obbligata per statuto a pensare il limite nello spazio e nel tempo, non marginalmente ad altri argomenti, per assumere valore trasmettendo un senso più complessivo dell’abitare e del costruire. Costoro potranno scoprire che limite e città sono termini connessi ma non necessariamente coincidenti. Non è detto infatti che una cultura del limite debba dar luogo soltanto a quella forma storicamente determinata del popolamento che chiamiamo città. Già la campagna e la metropoli, i termini estremi ed esterni tra i quali oscilla il tempo della città, ampliandosi nello spazio o contraendovisi, sono altre forme di organizzazione dei modi di vita. Ad un secondo livello, più approfondito di lettura, la storia degli “inizi di città”, dà luogo, intrecciandosi con gli atti costruttivi della delimitazione, alla nozione del minimum urbano; qui proposta in una teoria di esempi, anche come una possibile introduzione alla storia del progetto degli spazi abitati. I livelli di lettura tendono poi ad annullarsi nell’ antologia del libro, selezionata su brani che sembrano scritti apposta per rivolgersi a tutti.

IL LIMITE E LA CITTA'. La qualità del minimum urbano sul limite dell’edificio dalla Grecia antica al tempo della metropoli

SICHENZE, Armando
1995-01-01

Abstract

L’architettura, come forma di pensiero sulla delimitazione, preesiste a quella particolare organizzazione insediativa che chiamiamo città. Semmai c’è un modo di definirsi di quest’ultima che solo grazie all’architettura degli edifici riesce a contemperare tanto le forme di limitazione del costruire quanto le esigenze di apertura al mondo. Il libro è la storia di questo modo e si propone per due livelli di lettura. Il primo accessibile a tutti coloro che, interessandosi alla città, vogliano servirsi nel proprio campo (antropologico, filosofico, ambientalistico, geografico, storico, urbanistico, ingegneristico e normativo) di un contributo di conoscenze proveniente da una disciplina obbligata per statuto a pensare il limite nello spazio e nel tempo, non marginalmente ad altri argomenti, per assumere valore trasmettendo un senso più complessivo dell’abitare e del costruire. Costoro potranno scoprire che limite e città sono termini connessi ma non necessariamente coincidenti. Non è detto infatti che una cultura del limite debba dar luogo soltanto a quella forma storicamente determinata del popolamento che chiamiamo città. Già la campagna e la metropoli, i termini estremi ed esterni tra i quali oscilla il tempo della città, ampliandosi nello spazio o contraendovisi, sono altre forme di organizzazione dei modi di vita. Ad un secondo livello, più approfondito di lettura, la storia degli “inizi di città”, dà luogo, intrecciandosi con gli atti costruttivi della delimitazione, alla nozione del minimum urbano; qui proposta in una teoria di esempi, anche come una possibile introduzione alla storia del progetto degli spazi abitati. I livelli di lettura tendono poi ad annullarsi nell’ antologia del libro, selezionata su brani che sembrano scritti apposta per rivolgersi a tutti.
1995
9788820492434
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